domenica 15 maggio 2011

Un Buon Non Compleanno A Me

La Tana del Grillo riapre idealmente i battenti in una bella e soleggiata giornata di fine aprile, giorno che casualmente è anche il compleanno di chi vi scrive nonché la data designata di un matrimonio del quale si parla da un po', tipo da secoli. Coincidenze. O forse no. Fatto sta che, tecnicamente, il giorno è lo stesso. E allora, perchè non osare? Avete capito benissimo di cosa stiamo parlando. Farsi festeggiare da decine di migliaia di persone in festa. Ma non in festa per il tuo compleanno. In festa per altro, anche se non lo sanno, perchè le suddette persone sono ubriache fradicie dalle 9 del mattino. Ebbene si': la Tana del Grillo is back. E ricomincia la sua corsa da Londra.
Innanzitutto il fottuto matrimonio reale è al manzano, mentre l'arrivo in città è previsto nel pomeriggio, previo smarrimento pre-albergo nella ridente zona dei Docks. Dunque non vediamo assolutamente un cazzo. Le prime immagini dei neosposi sono disponibili sui giornali in edizione speciale (diffusi ovunque), poi la notte, alla tv, si potrà cominciare a discutere con cognizione di causa dei vestiti, dei barattoli attaccati al paraurti, dei cazzi e dei mazzi. Tuttavia, gli indigeni mandano un segnale forte, mostrando di apprezzare in modo esagerato gli avvenimenti. Alcune zone della capitale sono invase da mandrie di bestiame a due zampe con indosso maschere della regina, maschere di Kate, maschere a forma di bandiera britannica, maschere dei supereroi. Ogni tanto qualcuno ti dà il cinque con la faccia di William o ti consegna una bandiera. Bandiere dappertutto. Dei ciclisti sfilano accanto ai bus con le loro belle Union Jack sulle spalle. Trafalgar Square, tanto per intenderci, è una gigantesca discarica e assomiglia sinistramente ad un post-partita della finale dei Mondiali. C'è un palco enorme sul quale hanno montato un megaschermo, c'è gente strafatta che rantola per terra (che è un tappeto di lattine) e ride, c'è il chitarrista con accento australiano circondato dal solito drappello di curiosi (e di turisti) mentre si cimenta in alcuni classici intramontabili, c'è il market dei pakistani all'angolo preso letteralmente d'assalto dall'orda di personaggi di grande spessore con fame chimica da esportazione. I pakistani se la godono. Ciononostante, il clima è festoso e rilassato, e non c'è alcun problema neppure con i trasporti, o la polizia. Qualche ora di National Gallery dopo, l'atmosfera nei dintorni di Piccadilly è invece assai meno gradevole: i passanti hanno appena cominciato a bere e non danno l'impressione di voler smettere troppo presto. Tu, che hai fame e stai cercando un posto decente che non sia il paraculeggiante ristorante da Franco (e c'è Franco in persona sulla soglia a dare lustro alla nazione) o gli altri mille ristoranti paraculeggianti, avresti voglia di abbatterli tutti senza pietà, come birilli. Si finisce chiaramente per cenare in ristorante paraculeggiante. 
L'indomani si opta di buon mattino (cioè verso le 11, dopo un più che sostanzioso breakfast) per scampagnata a Camden Town, memori delle ottime vibrazioni di qualche anno prima. Cosicché parecchi chioschi e di mercatini più tardi, rientri verso il centro con il piacevore odore di fish and chips che ti accompagna fin dentro le ossa e osservi i tuoi acquisti, risultato di lunghe trattative con venditori di nazionalità varie, le quali trattative ti faranno risparmiare cifre come una sterlina o tutt'al più una sterlina e mezzo. Il meglio lo si dà in un posto chiamato Cyber Dog, che sarebbe (appunto) un negozio cyberpunk dove è possibile comprare qualunque cazzata venga in mente, basta che abbia una qualche attinenza con i videogames, le discoteche o le cazzate. Musica a palla, un piano sotterraneo, luci stroboscopiche, prodotti fluorescenti, commessi con le creste. Infine due ballerini (inevitabilmente tamarroni) che si dimenano sul cubo, al lato della cassa e dietro alla consolle del dj. Il risultato è l'acquisto - giuro- di un aggeggio in grado di creare i cubetti di ghiaccio (!) con le forme di Space Invaders. Non commentiamo gli altri ottocento negozi di Camden, sebbene meritino ben altro trattamento. Non incontriamo neppure la vietnamita che anni fa ci vendette bandiera francese spacciandola per Union Jack: a nostra discolpa, era imbustata. Dopo queste fantastiche avventure urge meritato riposo ad Hyde Park, al cui ingresso c'è una comitiva di studenti cagliaritani, poi un gruppo di siriani alquanto incazzati che manifestano, e ancora gli scoiattoli. Rinvigoriti, puntiamo prima in direzione British Museum - che pero' sta chiudendo e ci regala solamente il tempo di fare conoscenza con i suoi leggendari cessi - e poi verso Southwark, con l'intenzione di fare un salto alla Tate Modern. Alla Tate è impossibile non perderci ore, malgrado non sia la prima volta, e infatti ci si resterà fino a tarda ora, tanto è gratis. Stanchi e affamati come coguari, usciamo. Fuori, nel frattempo, fa freddo e tira un vento della madonna. I turisti che giungono dal Millennium Bridge fanno tutt'uno coi gabbiani. Si cerca un riparo dalla furia degli elementi, costeggiando il Tamigi. A qualche centinaio di metri di distanza ci si imbatte in ristorante giapponese serissimo, con annessa cameriera italianissima. I tavoli non sono dei tavoli ma panche e la nostra panca dà sulla vetrina all'ingresso. Di fronte c'è la strada, ovvero gente che esce dalla Tate, cinquantenni ubriachi in sandali e calze bianche, ragazzine dalle minigonne inguinali, ragazzine dalle minigonne inguinali con sopra disegnata la Union Jack, freaks vari, altri freaks. Inutile dire che TUTTI sono in maglietta a maniche corte (le ragazzine ovviamente sono in canottiera). Per fortuna fa caldo e il cibo è ottimo e soprattutto non è fish and chips. Rifocillati, riflettiamo sul soggiorno londinese ormai in fase finale e sull'ambiguo destino della Tana. Riflettiamo a lungo. Quello che ne consegue, ormai, lo state già leggendo.

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