Non dite che non vi
avevamo avvisato: mantenere in vita questo blog non è affar
semplice. Ora, ad esempio, ho giusto il tempo di usare il
defibrillatore e vedere un po' che cosa ne è rimasto. Per darvi
un'idea: questo post è stato inizialmente concepito un paio di
settimane fa, e vede la luce solo adesso. Le due settimane fa
coincidevano con il rientro dall'esplorazione della Francia
orientale, ovvero oltre 2000 km di bontà in olio d'oliva. Eh già,
perché ce lo siamo fatti en voiture, il giretto, con tanto di
sconfinamenti e pranzi al sacco come nella miglior tradizione della
Tana. Inutile percio' stare ad elencarvi pedantamente itinerari,
menù, andamento delle temperature. In sintesi: tutto piuttosto
bello, tutto piuttosto buono, un freddo da bazzi. Ecco allora le
dieci cose dieci da ricordare – non necessariamente le migliori –
del recente viaggetto in Alsazia e dintorni. Pronti, via:
1. Poco dopo la
scoppiettante
Auxerre (pieno centro deserto di sabato pomeriggio: la visione di un camioncino che faceva le crêpes è parsa inizialmente un miraggio), un
inatteso regalo propostoci dal percorso: in una tanca di fèrula nel
bel mezzo della campagna abbiamo avvistato un cartello con annesso
indiscutibile logo,
PIZZERIA BATMAN. Il bello è che son riuscito poi
a trovarlo
in qualche modo anche in rete, peccato non ci sia il sito ufficiale con il menù
perché secondo me merita.
2. Il benvenuto in Germania
– dove non ci sono limiti di velocità, tranne che in alcuni tratti
– ci è stato dato da un tizio in
autobahn. Non appena abbiamo
messo piede (o per meglio dire, ruota) sul suolo teutonico siamo
stati sorpassati da un'auto che andava di certo ad oltre 200 km/h. È
stato come vedere avvicinarsi un meteorite nello specchietto
retrovisore. Dice: e che macchina era? E chi cazzo l'ha vista? Era
bianca.
3. Non ho assolutamente idea
del perché, ma quando facevamo colazione negli hotel la mattina –
momento notoriamente fra i migliori di ogni viaggio che si rispetti –
ogni volta c'erano delle giovani famiglie spagnole, o sudamericane,
insomma parlavano spagnolo. Aria simpatica ma un tantino a disagio,
tortillas individuate col radar e, soprattutto, la tuta. Padre, madre
e possibilmente anche figlio piccolo, tutti in processione come
matrioske con le loro belle tute in acetato (!).
4. A
Strasburgo (a
proposito: a parere di chi vi scrive più bella città di Francia dopo
la capitale), abbiamo
trovato una trattoria dall'aspetto invitante e sufficientemente
croccante nel cuore del centro storico. I pochi dubbi sulla qualità
della cucina sono stati spazzati via dal vecchietto nel tavolo di
legno accanto, che si è addormentato durante la degustazione del suo
brasato di cervo con porcini. Un secondo dopo, abbiamo ordinato. Alla
fine il vecchietto si è risvegliato e si è portato via il suo
quartino di rosso.
5. Sempre a Strasburgo ci è capitato di visitare
una chiesa dalla storia intrigante (ce ne sono due
che portano lo stesso nome ma la prima originale era protestante
mentre questa è cattolica) e una vecchietta – non pensiate che
siano tutti vecchi a Strasburgo, anzi – ci ha accolto in qualità di
"guida" per raccontarci le varie vicende che hanno portato
alla sua costruzione. Rivolgendosi alla mia dolce metà ad un certo
punto ha detto "ah ma lei forse non capisce il francese."
Ovviamente ha proseguito il suo monologo turistico-religioso con
me, che a quel punto non ho aperto bocca manco per sbaglio.
6. In Alsazia – immagino a
causa delle temperature intrattabili – quando entri in un
ristorante, trattoria, taverna, ovunque, ci sono delle enormi tende
che separano la porta d'ingresso dalla sala vera e propria e dunque
mantengono caldo l'interno. Il bello è che in alcuni casi (diciamo
nei luoghi più promiscui) per districarti finisci quasi per gettare
il bordo delle tende nella zuppa dei clienti più disgraziati,
capitati sfortunatamente vicino all'uscita. Come se già non bastasse
il freddo.
7. A
Colmar, cittadina
peraltro bellissima, siamo arrivati verso le sette di sera e non
c'era un cane in giro. Negozi chiusi, illuminazione inesistente,
grossi punti di domanda sul perché cazzo non ce ne siamo rimasti a
Strasburgo. A coronamento dei dubbi uno stormo di corvi –
apparentemente gli unici esseri viventi nel raggio di svariati metri
– ha cominciato a gracchiare. Ci siam detti: troviamo un ristorante
e boh. Mi è venuta un po' meno fretta quando ho iniziato il mio
baeckeoffe.
8. Ancora le stranezze di
Colmar. Da queste parti il
colmarien più famoso a tutt'oggi è
Bartholdi, il cui nome lo si ritrova un po' dappertutto come il
prezzemolo. Tanto per omaggiare il loro celebre concittadino a Colmar
hanno edificato una riproduzione della Statua della Libertà. Dove
l'hanno messa? L'hanno strategicamente collocata in una rotatoria in
piena zona industriale, fra un caseggiato e l'altro all'ingresso
della città. La prima reazione è chiedersi dove cazzo si è finiti.
Chissà perché ma mi sono immaginato un enorme candeliere in una
qualunque zona di Predda Niedda: ecco, nonostante tutto forse perfino
il candeliere sarebbe meno brutto.
9. Magica Colmar. Prima di
partire abbiamo fatto un meritato pit-stop al supermercato,
Leclerc,
ovvero lo stesso che frequentiamo qui a Limoges. In questo luogo
meraviglioso – che ci consente oltretutto l'acquisto di una
bottiglia di Cynar, oggetto la cui ricerca stava diventando una sorta
di tentativo di conquista del Sacro Graal – abbiamo notato che il reparto
alcolici è qualcosa come il triplo (anche in proporzione agli altri
reparti) rispetto a quello che vediamo abitualmente. Poi ho alzato lo
sguardo ed ho visto i volti rubizzi dei clienti. Una fazza una razza.
10. Mossa finale da campioni,
ancora nel suddetto supermercato: non paghi del Cynar, del
Riesling, nonché di altre puttanate varie, abbiamo optato per l'acquisto del
Munster,
un formaggio dall'odore inconfondibile che successivamente ci
allieta per i quasi settecento chilometri che ci separano da casa.
La sistemazione nel bagagliaio – con tanto di buste, casse, frasche
e sterpaglia – non neutralizzerà gli effluvi manco per il cazzo,
cosicché ogni qual volta bisogna fare una pausa si aprono le
portiere ben consci del pericolo. Pero' è talmente buono che,
piuttosto che gettarlo via, abbiamo tenuto il respiro.