mercoledì 6 luglio 2011

Pizzinni d'Andera: eccoli, i tre punti!

dai nostri inviati JF Sebastian e Logan Fowler

Va giornata: Pizzinni vs Non lo so: 7-6 (De Roberto, Calisai, Coradduzza G. (2?), Mulas (3), Batman, Mr. Magoo)

Prima doppiavu stagionale per i Pizzinni d’Andera, che nella splendida cornice di pubblico della Zentrum Arena (arricchita per l’occasione dalla gradita presenza sugli spalti del presidentissimo Marcia e di uno scoppiettante Gelanio in infradito) superano 7-6 una formazione di cui nemmeno Zidane probabilmente conosce né il nome né le credenziali che ne hanno autorizzato l’iscrizione al campionato estivo. L’unico elemento sul quale stanno lavorando gli inquirenti al momento è che le maglie sono verdi e bianche.
E dire che la serata non era incominciata esattamente nel migliore dei modi per i Reds, costretti a rintanarsi nella propria area con un Lias obbligato a fare gli straordinari e spesso in pose plastiche per la gioia dei fotografi. Mmm mmm, pensano praticamente tutti. Invece, a sorpresa, mentre qualcuno è già andato alla caccia del pallottoliere per non ritrovarsi in difficoltà nel secondo tempo, contropiede perfetto dei Pizzinni sull’asse Coradduzza G.-Zedda-De Roberto e goal di quest’ultimo con un perfetto destro di suola, che termina all’angolino basso. È la svolta, perché i Nostri – presentatisi in un inedito e quantomai apprezzabile schieramento a 7 – da quel momento paiono mostrare una maggior sicurezza in campo, nonostante dall’altra parte fiocchino finte di sopracciglio, casi di telecinesi e tentativi di riti voodoo. Gli innesti di capitan Mulas e di Calisai aggiungono, se possibile, ancora più smalto: malgrado il pareggio dei verdi (pare in fuorigioco, di mano e realizzato in uno dei campi del Green Park) sono ancora i Pizzinni ad avere occasioni in contropiede ed a ripassare avanti con un goal proprio di Calisai su assist al bacio di Coradduzza G. Si va al riposo senza che nessuno nel giro di 30 km abbia capito quale sia il punteggio e l’unica cosa su cui si è tutti d’accordo, in attesa di un messaggio a reti unificate di Zidane, è che bisognerà cambiare porta. Nel frattempo, a bordo campo, la simpatica compagine iberica – impegnata nel match precedente e ora radunata intorno a un tavolo per decidere le prossime strategie – è giunta alla 121ma birretta. Marcia e Gelanio dicono: giusto così.
L’intensità non cala al rientro in campo. I verdi perdono un po’ la pazienza nonché l’equilibrio, complici le macumbe orchestrate sulle tribune dal duo di assistenti dei Reds. Col passare del tempo i Coradduzzas e compagni riescono perfino ad ingabbiare il temuto leader avversario: mai andare a cercargli la palla, altrimenti si trasformerà in drago e saranno dolori. Forti della consapevolezza di aver trovato finalmente una risposta convincente ai dubbi che li attanagliavano da tempo, i Pizzinni restano aggrappati alla partita e quando non ci si aggrappano ci pensano gli altri a mancare dei goals incomprensibili. Manco a dirlo, ogni volta che ciò si verifica, ci si scambia sorrisini d’intesa con la tribuna. Sul 4-3 per i verdi le gambe sono pesanti e qualcuno su televideo ha già provveduto a dare come finale il risultato della gara, eliminando l’effetto lampeggiante. Il presidentissimo Marcia, incontrastato regista delle sostituzioni, rispedisce allora in campo Mulas e questi, lanciato al galloppo, lo ripaga con tre goals tre nel giro di tre minuti, capovolgendo totalmente l’inerzia del match. Avanti 6-4 i Pizzinni sanno di avere i tre punti in tasca cosicché, quando ci infilano le mani per andare a controllare, siamo già 6-6. Il goal del pareggio, ancora una volta, viene messo a segno dopo un numero indefinibile di infrazioni, fra le quali ricordiamo: divieto di sosta, incitamento alla prostituzione e truffa aggravata. Come se non bastasse, la palla era rimbalzata sul palo.
Gli ultimissimi minuti si trasformano dunque in una lunga agonia: Pizzinni arroccati in una difesa a tre e Calisai unica punta. I bookmakers danno ovviamente i verdi vincenti ma ecco che accade l’imponderabile: dagli spilloni della premiata ditta Marcia-Gelanio nasce l'ennesimo contropiede d’antologia, con Coradduzza G. bravo a finalizzare sul portiere avversario in uscita. A questo punto i Reds non guardano più in faccia nessuno: difesa a quattro + tre sedie + uno scatolone per imballare l’albero di natale + il tavolo gentilmente prestato dagli spagnoli. Da aggiungere poi che ogni qual volta la palla supera le linee laterali viene recitato un salmo – con relativo commento – prima di riprendere il gioco. In tal modo non resta che aspettare il triplice fischio finale: 7-6 Pizzinni e primi caroselli che invadono la calda Piazzale Segni di inizio luglio sassarese.   

Pagelle col triplete di Logan Fowler:

LIAS voto 7: sempre solido tra i pali, Metal Warner si fa notare per delle convincenti impostazioni di azione, trovando spesso l'uomo giusto per far iniziare la manovra; miracoli stavolta non ne fa, ma non commette nemmeno errori pesanti... CONTINUO

DE ROBERTO voto 7,5: bene bene bene... certezza della retroguardia reds, French Toast si trova a suo agio in una squadra votata alla difesa... prova a fare sempre la cosa più semplice... segna la prima rete dei Pizzinni ... STOPPER

MULAS voto 8: Finalmente il Mulo fa sentire il suo peso in attacco, segna e mette davanti alla porta i compagni. In difesa, se si tralascia qualche sbavatura che come sempre costa cara, gioca una partita generosa ed attenta. Il doppio cambio lo aiuta molto in lucidità. GOLEADOR

CORADDUZZA E. voto 6,5: Rientra da un lungo stop, causa lavoro e ferie, lo si attende a prestazioni di livello superiore, tra un paio di settimane, quando il fisico ci sarà.... Coraggio Penultimo dei Rais, adesso ti tocca di sudare sodo...IN RODAGGIO

CORADDUZZA G. 8: è lampante come il Colonnello K. sia l'ago della bilancia tattico della attuale versione di Reds. Guida la difesa, imposta le azioni, aiuta tutti e segna (finalmente) i gol pesanti... forse qualche sbavatura in più delle precedenti prestazioni, ma comunque sempre una prestazione notevole....  ANCHE LIBERO VA BENE

CALISAI voto 7: Fabricio "Dos Santos" gioca una bella partita, attento in difesa e disponibile al gioco con tutti. A volte si intestardisce un pò con la sfera, ma è anche la sua forza; deve solo imparare a scegliere "il momento" per la giocata. In quasi tutte le azioni pericolose dei Pizzinni c'e' il suo zampino...GIOCOLIERE

ZEDDA voto 7: uno di quelli che corre di più, Zed continua a non trovarsi molto con il compagno di reparto di turno. Probabilmente lo schema che più gli si addice è un 3-1, con lui unica punta a sfruttare situazioni di contropiede e campo aperto... ai posteri.... REBUS TATTICO

MARCIA e SOLETTA voto 20 (diviso 2): allenatore e vice, presidente e massaggiatore, Il Marcio e Gelanio.... grande accoppiata in panca, grande sostegno sugli spalti... serve anche questo.... ESTIVI

martedì 28 giugno 2011

Bastardo Spaziale! Mi Hai Distrutto Un Pino!

Cari amici ma soprattutto amiche della Tana, siamo qui riuniti per celebrare quanto è accaduto nel cardiovascolare sondaggio della settimana (in realtà di due settimane fa: vabbè cazzo, fa caldo). Come d'abitudine ormai dalle parti del blog più amato dai tanti trafficanti di organi che vivono in Via Carmelo, i voti sono sempre di meno e il vincitore del sondaggio non è mai uno ma sono almeno quarantacinque. Chi scrive può testimoniare che il viaggio di ritorno non è stato esente dai pericoli ma che la sua Ritmo è arrivata all'aeroporto Riviera del Corallo tutta intera, dopo che Doc ha garantito che le riserve di plutonio sarebbero state sufficienti. Ora, ovviamente, stiamo aspettando ripercussioni da parte dei libici.

Con quale mezzo di trasporto tornerà stavolta JF in Via Carmelo?

Con lo skateboard
  0 (0%)
Con il salvagente
  0 (0%)
Con una Fiat Ritmo
  2 (22%)
Con il tappeto volante
  1 (11%)
Con uno shuttle
  2 (22%)
Con la mongolfiera
  1 (11%)
Con il pedalò
  2 (22%)
Con il cammello
  1 (11%)

martedì 21 giugno 2011

Pizzinni d'Andera, che peccato!

dai nostri inviati JF Sebastian e Logan Fowler

IIIa giornata: Pizzinni d'Andera vs Non lo so: 4-7 (Onnis, Mulas, Mulas, autogol)

Secondo appuntamento stagionale per i Pizzinni d’Andera nella Summer Zentrum League e – ahinoi - prima sconfitta. Capitan Mulas e compagni, reduci da un esaltante 4-4 nel primo rendez-vous dalle parti dello Zidane nazionale, vengono purtroppo superati 7-4 da una formazione di cui nessuno conosce il nome, ma che è infarcita da elementi la cui provenienza iberica è rivelata tanto dai consueti “puta madre” dispensati senza soluzione di continuità, quanto dai dubbi gusti in fatto di acconciature. Le avvisaglie di quella che sarà una luuunga serata ci sono tutte, dall’inspiegabile assenza proprio di Zidane (!) dietro al bancone ad Onnis che nel riscaldamento centra l’unico buco a disposizione e spedisce il pallone direttamente a S.Pietro in Silki, per finire ancora con Onnis che, dopo pochi minuti di gara, viene colpito duramente da Butragueño, si scaviglia all’istante ed esce dal terreno di gioco sorretto dalle forti braccia di capitan Mulas e di André The Giant.
Cazzo diavolo, titolano già le principali testate giornalistiche della zona.
Match quindi tutto in salita, con i Pizzinni che non hanno più nessuno in panchina e con De Roberto che pensa oh cazzo ed è già agonizzante e alla ricerca delle bombole ad ossigeno che Zidane tiene di solito nascoste nel suo personale bunker sotto le docce. Quando Zubizarreta prende un goal evitabile ed i Nostri vanno sull’1-1, rimediando alla disattenzione che ha concesso il vantaggio agli avversari, la sensazione è che i Pizzinni possano comunque giocarsela, complice un insuperabile Gelanio, galvanizzato dall’aver portato a buon fine, nel corso della giornata, titaniche imprese alla facoltà di medicina. Il problema è che, là davanti, non si segna manco morti. Calisai e Mulas centrano tutti i legni disponibili, accecano il portiere con un ramo nel suo unico occhio centrale, creano con i loro possenti scatti scosse telluriche percepite fino alla Nuova Zelanda, eppure il risultato è sempre lo stesso: un cazzo. Come se non bastasse, una scorribanda di Calisai – che ricordava del resto la sua celebre marcatura ai mondiali di Svezia del ’58 – conclusasi con l’aver dribblato tutto il Villareal e aver messo a segno una meritatissima rete, viene vanificata dal fischio arbitrale che concede una punizione dal limite per una precedente entrata in scivolata.
Ma che cazzo ma che diavolo, viene già diffuso sulle prime agenzie Ansa.
Il primo tempo termina perciò con i Pizzinni sotto di due reti (3-1) e incazzati come bisce. Durante l’intervallo a Mulas e compagni vengono chiaramente somministrati farmaci proibiti ed i primissimi minuti al rientro dagli spogliatoi è spettacolo: manovre avvolgenti, tocchi di prima, triangolazioni, compagni di squadra mandati sapientemente affanculo. I Reds rientrano così in partita, raggiungendo l’Albacete sul 3-3 e dando addirittura la sensazione che magari potrebbero non fermarsi qui e continuare la sfida ad Osilo, tipo. Il clima è rovente e le gambe cominciano a pesare: Gelanio salva alcune pericolose incursioni ospiti e trova perfino il tempo per rimettere in riga uno Julio Salinas che aveva pisciato fuori dal vaso, mentre le squadre sono sempre più sfilacciate. I Pizzinni continuano a litigare col goal: Zubizarreta non solo riesce a sfiorare la traversa con la punta del baffo ma quando proprio non ci arriva sposta la porta col telecomando ed in tal modo può continuare ad urlare “vamos” come se niente fosse. L’ovvia conclusione del match sono un paio di contropiedi alla sangria, che Gelanio blocca parzialmente, senza fare i conti con il sesto uomo dell’Osasuna che si materializza ogni volta sul secondo palo per ribadire a porta vuota. Inutili le veementi proteste per la posizione di fuorigioco. I Nostri corrono come un toro agonizzante e tutto quello che vorrebbero è un canestro da tre punti, possibilmente con fallo sul tiro. C’è pure il tempo per un cammeo dello scavigliato Onnis, che mette a repentaglio la salute solo per onorare la maglia e per un Calisai che prende la via della panchina in stile Rodman dei bei tempi andati. È 7-4 al triplice fischio finale per lo Sporting Gijon, nonostante la prestazione tutt’altro che deludente dei Pizzinni d’Andera.
Per finire, momenti di isteria collettiva nel post-partita, quando viene scoperto che una delle squadre partecipanti alla Summer Zentrum League si chiama SCHWARZNEGRE. Ogni commento è superfluo. Buona camicia a tutti.

Pagelle coi baffi di Logan Fowler

SOLETTA voto 8,5: Che rientro!!! "Gelanio" incassa quasi esclusivamente gol senza difesa, per il resto leva tutto, sicuro tra i pali e cattivo in uscita. A volte potrebbe bloccare alcuni palloni che per eccesso di sicurezza, devia in angolo, ma nel complesso gioca una gara veramente di alto livello, mvp della partita per i Pizzinni ... PROFESSIONISTA

DE ROBERTO voto 7: Rientra dopo mille anni di assenza, e fa vedere tutto il meglio del suo repertorio. Ordinatissimo, in difesa sempre cattivo al punto giusto, deve trovare maggior intesa con il colonnello K.; si permette pure il lusso di uscire dalla difesa palla al piede e smistare. Nel secondo tempo "French Toast" si fa vedere, con poca fortuna, in zona gol. Atleticamente sta bene... I'M BACK

MULAS voto 6,5: Malino Il Mulo in difesa e in attacco, troppo lento a girarsi e troppo impreciso sotto porta. Grande movimento senza palla e buone intuizioni per i compagni in zona gol. 2 reti vanno benino ma, per il numero delle occasioni avute sono comunque poca cosa... INCESPICANTE 

ONNIS voto n.g.: Prende un brutto calcio nei primi minuti che gli gira la caviglia e lo costringe alla panca forzata.. Negli ultimi istanti di partita "Re David" getta il cuore oltre l'ostacolo e prova comunque a dare una mano ai Pizzinni... SFORTUNATO

CORADDUZZA G. 7: Partita solida e cattiva, ma a volte poco lucida sotto porta. In difesa veramente impossibile da saltare 1 vs 1, da equilibrio a tutti i Reds. Dovrebbe osare di più in zona gol, ma pure a lui piace troppo giocare con gli altri... ed infatti il "Colonnello K." ha grandi intuizioni, costantemente, per i ragazzi lì davanti. SOLIDO

CALISAI voto 6,5: Peggio della prima uscita dal punto di vista tattico, soprattutto in attacco. "Fabricio da Lima" fatica a trovare la posizione e, per ricevere palla, si abbassa troppo a ridosso della difesa, consentendo al pressing avversario di marcarne 3 con 1-2 persone... Segna una gran gol che gli viene ingiustamente annullato per applicazione della norma del vantaggio. Gioca una partita generosissima e ricca di corsa, ma a volte si intestardisce con il dribbling di troppo... Un paio di azioni 1-2 con il Mulo di Sanpaoliniana memoria... TESTARDO

lunedì 13 giugno 2011

Mi Mancano Ancora Queste Cazzo Di Tende

Cari amici ma soprattutto amiche della Tana, siamo lieti di ritrovarvi per approfondire l'esito del sanguinolento sondaggio della settimana. Un sondaggio - come spesso accade nel blog più amato dalle zanzare anofele che infestano Via Carmelo - che ha sancito la netta superiorità di un uomo (lo potete ammirare nella foto qui accanto, nonché cliccando proprio qua) ed ha per l'ennesima volta sottolineato la decisa presa di posizione degli elettori, schierati in massa contro le futili occupazioni da pensionati. La risposta del popolo, insomma, è stata assolutamente chiara ed del tutto esente da rischi interpretativi. Per tutte le altre attività indicate - volenti o nolenti - c'é mastercard.

In contumacia JF che cosa sta accadendo in Via Carmelo?

Sono cresciuti i baffi
    0 (0%)
Rivoluzione!
    0 (0%)
Se ne stanno bevendo mille
    1 (7%)
E uno e due, e un-due-tre-quattro
    2 (14%)
Stanno girando un porno
    3 (21%)
rgtzrgietreztr'(nç_u/!!c eh@ezxzig
    1 (7%)
Si sono estinti i brontosauri
    3 (21%)
Avanti un cazzo
    4 (28%)

giovedì 9 giugno 2011

All These Places Have Their Moments

Congedata a malincuore la cara vecchia Dublin - come abbiamo anticipato nel post precedente - la nuova meta della Tana è dall'altra parte del Mare d'Irlanda. L'aereo che ci condurrà in quel di Liverpool è gremito da personaggi di dubbia sobrietà vestiti con la maglia di Rooney - quella del Manchester United, pero'. Affiorano dubbi amletici. Liverpool è adagiata su una sponda del gigantesco estuario del Mersey (non ci riesco a dire la Mersey, scusate): dall'altra parte del fiume, infatti, ci sono soprattutto ciminiere, fumo, grigio e qualcosa che dal finestrino sembrerebbe una specie di colata di fango. L'aeroporto di Liverpool è davvero speciale, non foss'altro perché si chiama John Lennon Airport, le cui pareti sono corredate da frasi provenienti da celebri canzoni di chi potete facilmente immaginare. La migliore (nonché la più adatta alle circostanze) è ovviamente "above us only sky". Oh yes, pensiamo. Appena saliti sul bus che ci porterà in centro un tizio dalla pancia enorme, l'impermeabilino rosso e la faccia di chi conosce ogni singolo anfratto del bancone, sale e chiede con tono gentile a tutti i presenti se siamo davvero sicuri di aver preso il bus giusto. Sgraniamo gli occhi. Poi quello ci saluta ancora più gentilmente ed il bus parte. Attraversiamo campagne piene di campi di cricket e di casette a mattoni rossi. Penny Lane è proprio da queste parti (ma non ci andremo), Strawberry Fields pure. Il centro corrisponde al cosiddetto Liverpool One, frutto di recenti lavori di bonifica,  ammodernamento e chi più ne ha più ne metta e che - ahinoi - è semplicemente una serie di vie in mezzo a palazzoni grigi farciti di centri commerciali colorati. E' domenica e 'sti cazzo di centri commerciali sono tutti aperti. Lo si capisce anche dal fatto che la gente passeggia con le buste in mano emanando una scia profumata di patatine fritte. Diciamocela tutta: l'impressione, dopo circa 15 minuti di camminata, è che Liverpool (si, sappiamo dei bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale) sia un autentico cesso. Sconfortati, ci dirigiamo quindi verso l'Albert Dock, zona del porto a cui è stato rifatto il trucco ed ora è un viavai di turisti che vogliono visitare i vari musei, fra cui - manco a dirlo - il Beatles Story, di chioschi di gelati e di gabbiani. Il museo dedicato ai Fab Four è la sola ragione per cui ci troviamo qui, oltre al fatto che il biglietto aereo costava 5 euro e che lo scalo era necessario per tornare a casa. Se vi state immaginando chissà quale incredibile ingresso per entrare al museo (ve lo state immaginando? Dite di si'), be' avete sbagliato in pieno. L'edificio è - ma va? - a mattoni rossi e vi si accede con una piccola e discreta scalinata dello stesso colore. Prezzi non proprio popolari ma chi se ne frega. Anche qui, tutti gentilissimi. Sono le ultime ore di apertura e, oltre a noi, ci sono giusto alcuni turisti giapponesi. Audioguide e via. Se vi piacciono John, Paul, George e Ringo, andateci. Noi non siamo rimasti delusi. C'è la ricostruzione di qualunque cosa abbia a che fare coi Beatles, dagli strumenti alle locandine, ai locali e alle stradine in cui hanno cominciato la loro carriera (con tanto di topo finto). Si puo' fare un giro dentro allo Yellow Submarine oppure provare gli specchi psichedelici del Sgt. Pepper o ancora sedersi in aereo in attesa di compiere il primo tour negli USA. E si ascoltano le canzoni. A livello di gadget, poi, c'è tutto ed il contrario di tutto, basti pensare che nello shop del museo (all'uscita) è possibile acquistare il certificato di nascita (giuro) di Ringo Starr per circa 25 sterline, oltre ai più prevedibili occhialini di John Lennon ed a un milione di altre cazzate del genere. Rinfrancati dal Beatles Story usciamo a goderci (eufemismo) il resto della città. Premessa: ogni dieci minuti piove, a volte anche a catinelle. La cosa che ci colpisce - non scherziamo affatto - è che comunque Liverpool non sfrutti i Beatles come sarebbe stato lecito attendersi. Tanto per dare un'idea: a Dublino la Guinness è veramente dappertutto con le sue pinte ed i suoi tucani, a Liverpool i Beatles non sono altrettanto presenti. La città è proletaria e con un'anima poco incline al turismo (lo dimostra anche il nostro magnifico hotel, che in un'altra città avrebbe avuto un prezzo impossibile per le nostre tasche). Fatto sta che abbandoniamo l'Albert Dock e ci lasciamo guidare dalla vista dell'imponente cattedrale anglicana, apparentemente non troppo distante, che rappresenta un po' la nostra stella polare. In realtà camminiamo per mezz'ora e la cattedrale assume sempre più i contorni di un'oasi nel deserto, diventando ancora più lontana. Per orientarci utilizziamo la bellezza di un foglio di google maps stampato a Dublino ed una sorta di guida che abbiamo trovato qui. Giungiamo infine a ridosso della cattedrale (che in effetti è splendida), attraversiamo Chinatown e finiamo come per magia presso l'altra cattedrale, quella cattolica. Esausti e con istinti cannibaleschi, ci rendiamo conto che quel tanto decantato ristorante greco è esattamente di fronte. Inutile dirvi come va a finire. Il proprietario e la moglie (ciprioti, probabilmente) sono fantastici e stanno tutto il tempo a chiacchierare con noi di differenze culturali, di cucina e di cazzi loro con un improbabile accento british. Noi nel frattempo ci abbuffiamo di moussaka, di pita e di altre squisitezze. Non ce ne voglia Via Usai, ma qua è tutta un'altra storia. Ventre pieno e gambe in spalla, si continua verso nord-est, cioè in direzione del St. Georges Hall, del Liverpool Empire Theatre, dello splendido St.John's Garden. E' il tramonto e questa parte di Liverpool - più periferica ma molto più autentica - ci fa ricredere. Inoltre abbiamo un'aspetto talmente professional che una coppia di brasiliani ci ferma per chiedere indicazioni e scoprirà di dover andare dall'altra parte della città con le valigie in mano. Il rientro verso l'hotel è preceduto da lunga passeggiata lungo Victoria Street, passando per la mitica Mathew Street, e quindi di fronte al Cavern (paraculo come era facile immaginare). Sono le 10 di sera e ci sono i bar al piano terra con la musica anni ottanta a palla e la gente che si dimena. Altrove, c'è gente che guarda alla tv del pub i goals del campionato spagnolo. L'indomani la partenza è prevista abbastanza chizzo, anche perché l'aeroporto è annunciato come particolarmente caotico, con possibilità di file interminabili. Per non rischiare arriviamo in anticipo e non c'è un cane. Abbiamo tuttavia il tempo di acquistare t-shirt alla metà del prezzo del Beatles Shop, plettri, tazze e quant'altro. Il viaggio ormai è finito e l'unica cosa che ci vorrebbe (oltre al sandwich al tonno) è una bella doccia. Dopo aver sonnecchiato per oltre un'ora, atterriamo placidamente: siamo fra i pochi che non siano inglesi in vacanza. Sprintiamo come Bolt per fare per primi i controlli, convinti di sbrigarci in fretta. Purtroppo alla dogana c'è un controllore fantozziano che non è convinto della mia carta d'identità. Ci spiega con la sua faccia di cazzo che c'è stata un'allerta sulle carte d'identità italiane falsificate. Ovviamente gli stessi controllori si dispongono tutti a novanta al passaggio degli inglesi (compresa suora vestita da suora da capo e piedi e con occhiali da sole). Pensiamo subito che notoriamente i tunisini in fuga fanno scalo a Liverpool, essendo tutti fans dei Beatles. Lo stronzo insiste, nonostante le spiegazioni. Alla fine le nostre facce scure lo costringono a chiamare la sua capa, una tizia allampanata che - si scoprirà poi - era intenta ad approfondire ben altre dinamiche al bistrot dell'aeroporto. La tizia ha le idee chiare e, per verificare la mia effettiva nazionalità tricolore, prende la carta, cerca di leggere e dice: "tu nome" e "tu coghnome". Mi astengo dal commentare che il sistema è quantomeno opinabile e ridendo sotto i baffi posso finalmente andarmene. Arrivederci, fanno quelli della dogana. Ma anche no, rispondo.     

giovedì 2 giugno 2011

Preveggenza

Cari amici ma soprattutto amiche della Tana, eccoci di nuovo qua per aggiornarvi sull'esito del tumultuoso sondaggio settimanale. Sondaggio caratterizzato da un numero di votanti prossimo ai minimi storici e da un diffuso politically correct, che ha permesso ad ognuna delle opzioni di ottenere almeno un voto, fatto raro sul blog più amato dai venditori ambulanti di carciofi che gremiscono Via Carmelo. Ad ogni modo - come da copione - l'esito è il seguente: c'è un uomo solo al comando. Non facciamo neanche il nome perché lo sapete, dai. Comincia con la A e finisce con Ngelino. Sappiamo anche il motivo di un tale successo: il gemellaggio è già in vigore - ebbene si' - da tempi non sospetti.

Con quale città dovrebbe essere gemellata Via Carmelo?

Lourdes
  1 (10%)
Troia
  1 (10%)
Cinisello Balsamo
  1 (10%)
Albuquerque
  1 (10%)
Via Sedilo
  1 (10%)
Stalingrado
  1 (10%)
Pozzo San Nicola
  1 (10%)
Il Bar Grandi
  3 (30%)

sabato 28 maggio 2011

Bene! Bravo! Bis!

Serata di gala nella giornata di ieri per il vostro umile ed affezionatissimo corrispondente della Tana. Si è trattato infatti di presenziare in veste di vero e proprio vip ad una festa di fine anno: si', insomma (molto insomma) una specie di serata da film sui collegiali americani, avete presente no? Soltanto che l'età media della serata si aggirava intorno ai 104 anni. La festa si proponeva come scopo quello di dire addio alla stagione calcistica 2010-2011 da parte di una associazione culturale italiana che preferisce rimanere anonima. In qualità di simpatico collaboratore di tale associazione, il Vostro si reca dunque nella Sala-delle-Feste (oh yes) di una frazione alle porte di Porcellana-City all'ora di cena, dopo aver litigato con il solito googlemaps figliodiputtana che aveva deciso di condurci da tutt'altra parte, precisamente in mezzo alle mucche. E comunque. Il Vostro era a conoscenza di dinamiche relative a buffet e cena in piedi, mentre voilà un salone enorme e tre tavoli lunghi quanto delle sequoie abbattute e distese sul pavimento in parallelo. In piedi non si puo' fare altro che riempirsi il piatto. Il clima, tutto sommato, è gioviale, ancorché surreale. C'è chi lavora alacremente di mandibola, chi ascolte le chiacchiere del vicino di sedia, chi invece si porta la mano attorno all' orecchio perché è sordo come una campana, chi si guarda attorno smarrito, chi pensa ma che cazzo. Tutti coloro che pensano ma che cazzo sono italiani e sono stati strategicamente posizionati in fondo ad una delle tre sequoie. Poco oltre ecco il palco, nascosto da un sipario rosso. Il tovagliolo tricolore con su scritte tipo "pasta", "amore" e "vino" mette subito in chiaro le cose. Durante il pasto, infatti, sono previste alcune esibizioni, con protagonisti di volta in volta alcuni aderenti all'associazione. La prima è quella di un duo fisarmonica-tromba, donna-uomo. Viene annunciato che i presenti saranno allietati da delle musiche tipiche del Piemonte. La fisarmonica attacca. Il signore accanto, in jeans e basetta color canna di fucile cerca a lungo il momento giusto per farsi vivo. Purtroppo si capisce abbastanza in fretta che la tromba non è in grado di svolgere appieno il suo dovere e il Louis Armstrong de noartri è lievemente arrugginito. Cio' che ne consegue è una roba imbarazzantissima: il poveruomo va nel panico più completo e cerca - senza successo - di inserirsi fra le note della fisarmonica. La sua tromba sbuffa pero' dei suoni terribilmente inquietanti, simili alle scoregge di un rinoceronte. Di fronte al tavolo coloro che pensano ma che cazzo non riescono a trattenere le risate, coprendosi con tovaglioli, maniche di camicia o bicchieri. Tutt'intorno nessuno fiata. Il sottoscritto si volta verso l'altro lato della sequoia e per non fare la fine di chi ha oltrepassato la soglia delle lacrime è costretto a versarsi dell'ottimo rosso pugliese nel bicchiere di carta. La sensazione, netta, è quella di un programma televisivo a metà fra la Corrida e uno strano reality i cui concorrenti sono scelti fra il pubblico con lo scopo di evitare di ridere. Passiamo in rassegna le varie facce e le reazioni ivi dipinte come se fossimo una telecamera. Facciamo anche gli stacchi e il montaggio. Fortunatamente lo stupro della tromba termina. C'è già chi saggiamente abbandona il tavolo, mentre la corale è pronta a prendere la scena. La corale si è riunita da poco ed ha un repertorio limitato a pochi pezzi (questo, questo e quest'altro). Colei che dirige il tutto si dimena dando le spalle ai presenti, ma ha di fronte una specie di pianola bontempi. Momenti di panico quando l'ultima canzone è introdotta da adeguato sottofondo musicale registrato che spacca i timpani a quelli che ce li hanno ancora (è presumibile credere che almeno un terzo dei presenti li abbia perduti durante il primo conflitto mondiale) e copre soprattutto le voci  in diretta. Il tènnico che si avvicina all'amplificatore plana sui cavi e rischia di regalarci l'ennesima perla della serata. Risatine sommesse e sguardi punitivi. Sul palco un microfono casca da solo, trafitto dalle voci di amianto della corale, e provoca un boato sordo. Gli italiani comunicano muti tramite sguardi attoniti. Viene perfino richiesto un bis: meno male che poi è l'ora del dessert. Manco il tempo di levarsi le briciole dagli angoli della bocca e via con lo spettacolo di clown (professionisti, va detto, quindi nulla a che vedere col resto) inframmezzato da una coppia che si esibisce in canzone sul matrimonio, ricca di giochi di parole e doppi sensi. La coppia è vestita come si deve. Lui, che gestisce la serata da buon padrone di casa annunciando gli spettacoli, è un Al Bano più ironico, più magro, più elegante ed ha il baffo e la tuba. Ogni tanto si dimentica le parole o canta quando non deve ma tu che sei seduto e sorseggi il tuo asti cinzano ti chiedi come mai la serata non sia stata interamente monopolizzata da un tale idolo (NON stiamo scherzando), altro che corali e trombette. E rifletti e ti rendi conto che la gente intorno a te si sta davvero divertendo - a parte gli italiani che continuano a pensare ma che cazzo. Perfino tu, inviato della Tana, nonostante lo sguardo disincantato da entomologo sei giunto ad un punto di non ritorno. La prospettiva cambia. Sei sopraffatto dagli eventi. Il baffo, meritatamente, trionfa. Insomma, devi ammetterlo: ti stai addirittura divertendo (forse perché hai l'acquolina in bocca al pensiero di questo post). E te ne vai intorno alla mezzanotte, terminati i saluti di rito, mentre quasi tutti gli altri non hanno la minima intenzione di schiodarsi da tavola (non garantiamo sulla NON esecuzione di balli vari in tarda serata) e vanno a caccia delle ultime fragole rimaste.

mercoledì 25 maggio 2011

Bisogna Proprio Dirvi Tutto?

Cari amici ma soprattutto amiche della Tana, vi siamo debitori dell'esito dell'abominevole sondaggio che potete ammirare qua sotto. Come abbiamo notato dal numero dei votanti, eravate impazienti in attesa del consueto post riassuntivo. Si è trattato, per la fredda cronaca, del primo sondaggio da parecchio tempo a questa parte a comparire sul blog più amato dagli scaricatori di porto presenti in massa in Via Carmelo. Forse è proprio per questo che la maggior parte di voi hanno subito pensato al peggio: niente letargo, niente Tolstoj ma vai col cesso e coi buffi. Bene, a distanza di mesi oramai possiamo dirvi come stanno le cose: cazzo, se avete ragione. Ma quale delle due risposte vincenti corrisponde a verità? Indovinate un po'. Dato che sapete leggere e fare di conto, vi risparmiamo ulteriori commenti.

Come mai La Tana del Grillo non dava più segni di vita?

E' andata in letargo
  0 (0%)
Era in tournée
  2 (16%)
Era in comunità
  2 (16%)
Doveva pagare i buffi
  4 (33%)
Stava leggendo "Guerra e pace"
  0 (0%)
Era al cesso
  4 (33%)
Non me ne ero accorto
  0 (0%)

giovedì 19 maggio 2011

I Float Down The Liffey

Evidentemente non ancora abbastanza sazia dopo l'abbuffata reale, La Tana del Grillo va di bis la settimana seguente, recandosi nientepopodimenoche nella verde Irlanda, per un previsto weekend ad alta gradazione alcolica. L'atterraggio in quel di Baile Átha Cliath viene preparato a dovere dalla presenza in aereo di autentico esemplare celtico maschio, che nel tragitto fra la capitale del Regno Unito e quella dell'Eire (durata: meno di un'ora) non resiste alla tentazione di scolarsi almeno due heineken volanti, mentre tutto sudato fornisce al suo vicino balbettanti spiegazioni riguardo il disincastrarsi della sua sindria formato famiglia dal tavolino reclinabile sul quale ha poggiato le lattine. Non giuriamo sul fatto che prima di salire in aereo fosse sobrio. That's the spirit. Dublino ci accoglie - manco a farlo apposta - bella e piovosa. Per fortuna il bus attraversa le varie tanche di ferula in periferia e ci molla ad un tiro di schioppo dall'hotel (pulito: unico aspetto positivo), posizionato nell'elegante quartiere georgiano, a ridosso del Grand Canal e proprio dietro St. Stephen's Green. La sera ci pare cosa buona e giusta - dopo l'obbligatoria peregrinazione lungo il Liffey - equipararci alla gioventù, cosicchè ci buttiamo a capofitto a Temple Bar, circondati da gente che caracolla in maniera inequivocabile. Durante la (ottima) cena a base di salmone dalla strada continua a giungere la musica. Dublino senza il suo sottofondo musicale perenne (e senza i suoi indimenticabili semafori sonori per i non vedenti) non sarebbe Dublino. I musicisti di strada si susseguono l'uno dopo l'altro senza soluzione di continuità: ci sono i vecchi con la barbetta gandalfiana ma più folk e la splendida voce straziata dal fumo, gli universitari dall'aspetto punkeggiante che hanno la chitarra scordata e i jeans strappati, i tizi qualunque con la camicia da boscaiolo che passeggiano accanto a te con lo strumento in mano e in un amen decidono che quell'angolino li' è perfetto per loro e si fermano e cominciano a suonare come se niente fosse. La canzone più gettonata (la ritroveremo anche dopo, appollaiati sulla vetrina di un pub, e poi dopo e poi l'indomani e via dicendo) resta questa qui. Alcune pinte dopo, se si eccettuano polacchi che ti si sbattono addosso e altri che ti chiedono con insistenza dove è possibile procurarsi una canna, puoi andare a dormire soddisfatto. Del resto il clima è allegro e rilassato come l'ultima (e unica) volta in cui ci eravamo stati, ben altra cosa dall'alcolismo autodistruttivo al quale abbiamo assistito non più di cinque giorni prima. Neanche a dirlo, Temple Bar ma Dublino in generale pullula di italiani, compreso un ristorante/pizzeria/gelateria che non possiamo evitare di provare. 
L'indomani si parte col turbo, frutto di una bella colazione da campioni in un posticino assai gradevole in Grafton Street (quasi di fronte, c'è un tizio che suona pezzi di Elvis col basso ed ha il berretto pieno di monetine): stile vittoriano, spremute d'arancia, fagioli, salsiccione e thè col latte. Pur essendo il tutto veramente buono, il giorno dopo, pre-partenza, si opterà per un "continental breakfast" allo scopo di preservare il fegato per il resto della stagione. La colazione dà modo di riflettere che la cosa bella della città, oltre alle pinte, alla musica e al verde dappertutto, è la gente. Persone semplici e gentili, ma di una gentilezza autentica, ovunque le si incontri, che non rasenta mai l'invadenza o la ruffianaggine. Inoltre gli abitanti di Dublino sono giovani. Ma non come in Italia, dove lo si è fino a cinquant'anni: qui la maggior parte di quelli che incontri (a parte i turisti, ok) hanno meno di trent'anni. Ed è cosi' al pub, in libreria, al parco, alla fermata dell'autobus. Perfino i poliziotti (la mitica Garda) sono all'apparenza dei ragazzini. Con questa leggerezza nel cuore (e con l'Irish full breakfast in pancia) si visitano in serie: il Dublin Castle, la Chester Beatty Library Gallery, la Christ Church Cathedral e - last but not least - la cattedrale di Saint Patrick. Il Trinity College verrà visitato a tappe, con la promessa di farlo con calma l'ultima sera, tanto è sempre di strada: l'ultima sera, ovviamente, lo si troverà chiuso presto. La fame fa capolino tardi, come previsto, ma non si rinuncia al pranzo presso il pub Bruxelles (quello con la statua di Phil Lynott fuori), accompagnando il pasto con altre due pinte e con il primo tempo alla tv di Everton-Manchester City. Accanto a te puoi incontrare il sessantenne indigeno che vuole vedere la partita, i turisti, la madre di famiglia coi bambini (e con la pinta), il gruppo di amici che si ritrova per fare quattro chiacchiere (e che se la beve di brutto). Il pomeriggio, oltre a digerire il pranzo, si decide di visitare anche l'altra riva, quella proletaria e decisamente meno turistica. Prima si becca uno splendido mercatino delle pulci, dove i presenti (sono le 4 del pomeriggio) sono tutti a birroni, poi si risale lungo O'Connell Street, alzando lo sguardo per capire quanto cazzo è alta The Spire e assaporando l'aroma di fish'n'chips che non si scrosterà più dai vestiti fino... beh fino a poco fa. L'atmosfera è simpatica, forse anche perchè è in corso una manifestazione per la legalizzazione della marijuana e il profumo che aleggia al Garden of Remembrance sostituisce almeno parzialmente quello del fritto. La sera si decide di dare tregua al fegato, infilandosi in un sushi bar ma poi addio sogni di gloria con doppia pinta al Duke, bel pub situato in traversa di Grafton Street. Ancora una volta i camerieri (e pure i clienti) sono tutti sorridenti e gentili ed è incredibile come tutto questo non ti dia fastidio o non risulti esagerato. Oppure magari fingono di essere gentili, pero' lo fanno talmente bene che hai voglia solo di gustare la tua Guinness senza rotture di palle. A proposito di Guinness: non possiamo terminare il post senza citarla. A Dublino il merchandising relativo alla Guinness è addirittura opprimente: ci sono innumerevoli punti vendita con oggetti che vanno dalle magliette ai cavatappi, ai cappelli da baseball col cavatappi sulla visiera, agli accendini. I prezzi, tuttavia, sono mica tanto invitanti (Dublino non è nient'affatto economica e non dà assolutamente l'idea di essere la capitale di una nazione in grossa crisi economica, anzi: bisognerebbe vedere le altre città, pero'), per cui la tentazione di acquistare il gadget, come fanno esattamente tutti quelli intorno a te è forte ma insomma, anche no. Infine il suddetto gadget verrà acquistato, non in città ma in aeroporto (eh già), ed è il seguente: una presina per cucina Guinness, una roba morbidissima per mani giganti, beige coi bordi rossi, con in bella mostra il celebre tucano. (Lo abbiamo già testato col forno, mentre col caffè è più complicato, per via delle dimensioni: non si riesce a stringere bene il manico della caffettiera). Tutti contenti col nostro tucano, siamo ormai pronti per salutare Dublino. L'ultima volta giurammo che non sarebbe stata l'ultima. Idem per stavolta. Nel frattempo, qualche breve scroscio di pioggia annuncia l'imbarco per la prossima destinazione. Che non è troppo lontana, giusto dall'altra parte del Mare d'Irlanda. (continua)  

domenica 15 maggio 2011

Un Buon Non Compleanno A Me

La Tana del Grillo riapre idealmente i battenti in una bella e soleggiata giornata di fine aprile, giorno che casualmente è anche il compleanno di chi vi scrive nonché la data designata di un matrimonio del quale si parla da un po', tipo da secoli. Coincidenze. O forse no. Fatto sta che, tecnicamente, il giorno è lo stesso. E allora, perchè non osare? Avete capito benissimo di cosa stiamo parlando. Farsi festeggiare da decine di migliaia di persone in festa. Ma non in festa per il tuo compleanno. In festa per altro, anche se non lo sanno, perchè le suddette persone sono ubriache fradicie dalle 9 del mattino. Ebbene si': la Tana del Grillo is back. E ricomincia la sua corsa da Londra.
Innanzitutto il fottuto matrimonio reale è al manzano, mentre l'arrivo in città è previsto nel pomeriggio, previo smarrimento pre-albergo nella ridente zona dei Docks. Dunque non vediamo assolutamente un cazzo. Le prime immagini dei neosposi sono disponibili sui giornali in edizione speciale (diffusi ovunque), poi la notte, alla tv, si potrà cominciare a discutere con cognizione di causa dei vestiti, dei barattoli attaccati al paraurti, dei cazzi e dei mazzi. Tuttavia, gli indigeni mandano un segnale forte, mostrando di apprezzare in modo esagerato gli avvenimenti. Alcune zone della capitale sono invase da mandrie di bestiame a due zampe con indosso maschere della regina, maschere di Kate, maschere a forma di bandiera britannica, maschere dei supereroi. Ogni tanto qualcuno ti dà il cinque con la faccia di William o ti consegna una bandiera. Bandiere dappertutto. Dei ciclisti sfilano accanto ai bus con le loro belle Union Jack sulle spalle. Trafalgar Square, tanto per intenderci, è una gigantesca discarica e assomiglia sinistramente ad un post-partita della finale dei Mondiali. C'è un palco enorme sul quale hanno montato un megaschermo, c'è gente strafatta che rantola per terra (che è un tappeto di lattine) e ride, c'è il chitarrista con accento australiano circondato dal solito drappello di curiosi (e di turisti) mentre si cimenta in alcuni classici intramontabili, c'è il market dei pakistani all'angolo preso letteralmente d'assalto dall'orda di personaggi di grande spessore con fame chimica da esportazione. I pakistani se la godono. Ciononostante, il clima è festoso e rilassato, e non c'è alcun problema neppure con i trasporti, o la polizia. Qualche ora di National Gallery dopo, l'atmosfera nei dintorni di Piccadilly è invece assai meno gradevole: i passanti hanno appena cominciato a bere e non danno l'impressione di voler smettere troppo presto. Tu, che hai fame e stai cercando un posto decente che non sia il paraculeggiante ristorante da Franco (e c'è Franco in persona sulla soglia a dare lustro alla nazione) o gli altri mille ristoranti paraculeggianti, avresti voglia di abbatterli tutti senza pietà, come birilli. Si finisce chiaramente per cenare in ristorante paraculeggiante. 
L'indomani si opta di buon mattino (cioè verso le 11, dopo un più che sostanzioso breakfast) per scampagnata a Camden Town, memori delle ottime vibrazioni di qualche anno prima. Cosicché parecchi chioschi e di mercatini più tardi, rientri verso il centro con il piacevore odore di fish and chips che ti accompagna fin dentro le ossa e osservi i tuoi acquisti, risultato di lunghe trattative con venditori di nazionalità varie, le quali trattative ti faranno risparmiare cifre come una sterlina o tutt'al più una sterlina e mezzo. Il meglio lo si dà in un posto chiamato Cyber Dog, che sarebbe (appunto) un negozio cyberpunk dove è possibile comprare qualunque cazzata venga in mente, basta che abbia una qualche attinenza con i videogames, le discoteche o le cazzate. Musica a palla, un piano sotterraneo, luci stroboscopiche, prodotti fluorescenti, commessi con le creste. Infine due ballerini (inevitabilmente tamarroni) che si dimenano sul cubo, al lato della cassa e dietro alla consolle del dj. Il risultato è l'acquisto - giuro- di un aggeggio in grado di creare i cubetti di ghiaccio (!) con le forme di Space Invaders. Non commentiamo gli altri ottocento negozi di Camden, sebbene meritino ben altro trattamento. Non incontriamo neppure la vietnamita che anni fa ci vendette bandiera francese spacciandola per Union Jack: a nostra discolpa, era imbustata. Dopo queste fantastiche avventure urge meritato riposo ad Hyde Park, al cui ingresso c'è una comitiva di studenti cagliaritani, poi un gruppo di siriani alquanto incazzati che manifestano, e ancora gli scoiattoli. Rinvigoriti, puntiamo prima in direzione British Museum - che pero' sta chiudendo e ci regala solamente il tempo di fare conoscenza con i suoi leggendari cessi - e poi verso Southwark, con l'intenzione di fare un salto alla Tate Modern. Alla Tate è impossibile non perderci ore, malgrado non sia la prima volta, e infatti ci si resterà fino a tarda ora, tanto è gratis. Stanchi e affamati come coguari, usciamo. Fuori, nel frattempo, fa freddo e tira un vento della madonna. I turisti che giungono dal Millennium Bridge fanno tutt'uno coi gabbiani. Si cerca un riparo dalla furia degli elementi, costeggiando il Tamigi. A qualche centinaio di metri di distanza ci si imbatte in ristorante giapponese serissimo, con annessa cameriera italianissima. I tavoli non sono dei tavoli ma panche e la nostra panca dà sulla vetrina all'ingresso. Di fronte c'è la strada, ovvero gente che esce dalla Tate, cinquantenni ubriachi in sandali e calze bianche, ragazzine dalle minigonne inguinali, ragazzine dalle minigonne inguinali con sopra disegnata la Union Jack, freaks vari, altri freaks. Inutile dire che TUTTI sono in maglietta a maniche corte (le ragazzine ovviamente sono in canottiera). Per fortuna fa caldo e il cibo è ottimo e soprattutto non è fish and chips. Rifocillati, riflettiamo sul soggiorno londinese ormai in fase finale e sull'ambiguo destino della Tana. Riflettiamo a lungo. Quello che ne consegue, ormai, lo state già leggendo.