sabato 22 maggio 2010

Ipse Dixit

Qui in Francia è pieno di italiani. Lo so, non è esattamente una novità, eppure l'occhio finisce spesso per cadere su tutti quei bei cognomi con l'accento alla fine, cosa che fa sorridere, perchè sembra quasi che vogliamo prendere per il culo li vranzesi. Li chiamano ritals, da queste parti, quelli di discendenza italiana. E non è un complimento. Del resto, sono dappertutto. Li vedi al telegiornale, sui cartelloni pubblicitari, sui campi di calcio, ovunque. Gl'Italiani. E allora - ci pensavo proprio l'altro giorno - sono tornato indietro con la mente ad un paio di episodi risalenti a poco prima di partire. Prima episodio: me ne sto tornando tutto quanto in Via Carmelo ad un'ora ancora accettabile quando faccio imprevista deviazione al bar. Giusto un bicchiere. Uno. Come prevedibile, ci resto più di 3 ore. E oltre a quel bicchiere si finisce inevitabilmente a vodka, anzi - come direbbe qualcuno - a vodkae. L'euforia è nell'aria, l'aria di tarda primavera pure. Durante le libagioni vengono avvistati personaggi del calibro a) di un tizio abbronzatissimo di sessant'anni, coperto d'oro come un assiro e che visto da dietro (con le orecchie a punta inscurite dalla lampada) è davvero un porcetto. Il tale fa finta di minacciarci nel tentativo di uscire dal bar e - resosi conto che a nessuno gliene fotte nulla e che lo si lascia passare, essendo uno sbiadito incrocio fra Tony Manero e Titino l'Indiano ai caraibi - si inorgoglisce per la sua intatta virilità e si fa grasse risate di scherno; b) di uno dei soliti habitués, intento prima a mangiare il cervello ad un malcapitato (uno che ha perduto il padre, ricordato peraltro dal suo amabile ed elegante interlocutore in maniera schietta, come "uno che ne coddava un bè"), poi a discutere di politica e di affari col piglio del viveur, infine disposto ad ammettere -ohibo'- che lui ha si' spento le 61 candeline ma ancora si becca "i paciocci rosa di 27 anni". Da dietro il bancone vengono versate le vodkae, oltre a recapitarci di continuo piatti di melenzane e patate arrosto, divorate in men che non si dica da bocche allibite. Pochi giorni dopo, c'è addirittura il bis. E' già clima cènsionlig: bicchieri come se fossero zeroquaranta. Alè. Vodkae e pronostici. Ma quest'Inter? A questo punto - ci si dà di gomito da almeno un'ora - rullano i tamburi e l'oracolo parla. E' tutta roba nostra cazz. Siamo noi (gl'Italiani) che abbiamo insegnato il giuoco del pallone agli stranieri. Inglesi, Vranzesi, non importa. Noi siamo quelli che lo abbiamo esportato nel resto del mondo. Il nome Fabio Capello interrompe qualsiasi possibile accenno di dibattito. E giù con le vodkae. Anzi, il discorso vira su territori socio-politici finora ignoti: le squadre italiane devono essere allenate da italiani. Punto e basta. Ormai si parla solo per aforismi. E che cazzo. Vodkae. Poi, la rivelazione, aprite bene le orecchie: siamo noi, gl'ITALIANI (si', ha urlato), che "abbiamo sparso lo sperma in tutto il mondo!" Parole forti, senza dubbio. Serve assolutamente un'altra vodka. Sguardi sbalorditi. Tutti a pensare: cazz, una vodka in meno e non avremmo toccato il fondo. E invece ci sbagliavamo. Lui si' che aveva capito. Che gl'Italiani son dappertutto. Si sono riprodotti. Si sono adattati all'ambiente ostile. Si sono infiltrati nel sistema. Io l'ho capito in ritardo, e solo qui in Francia. Che in effetti un po', la Francia, a dirla tutta, l'abbiamo creata noi. Diciamole le cose. Buone vodkae stasera.

2 commenti:

  1. ...cazz e cos'è!!! un'abbuffunatura!!!!.....

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina