lunedì 5 ottobre 2009

Road Trip - Parte Terza

[riassunto delle puntate precedenti]
La destinazione (casuale, ovviamente) è il rinomatissimo camping La Rivière, in una pseudo tanca di ferula alle porte di una tanca di ferula alle porte di Marsiglia. Lo gestisce un tizio che è un incrocio fra Mark Knopfler e Jigen, e che dopo lunghe trattative ci indirizza a gesti in uno spiazzo vuoto in cima ad una specie di rupe, ben distante dalle altre tende civili, a prezzo di favore. Fra le 19 e le 20 parte il consueto festival di bestemmie, scaturito dalle difficoltà nel reperire adattatori di prese italiane. Nascerà, da qui in poi, un altro grande amore: quello con i vari Géant Casino sparsi in tutta la Francia, a partire proprio da quello di Septemes Les Vallons, dove – manco a dirlo – non si trova una mazza che una che risponda alle nostre esigenze. Si torna dunque all’elegantissima residenza e si termina la serata stremati, con la voglia di farci giusto un panino e forse una birra e di andare a nanna presto. In effetti, se aggiungete una porzione di frites – preparata nel bar del campeggio dalle condizioni igieniche opinabili – e almeno sei o sette bottiglie di birra, il progetto viene ampiamente rispettato. Inoltre si viene a sapere con entusiasmo che la location destinata al sonno notturno è talmente a prezzo di favore che non solo c’è la silenziosissima autostrada a venti metri ma i sassi possiedono la bella abitudine di fare rapidamente amicizia con le nostre schiene. Ergo: non si riesce a dormire una minchia e se non ci riesce neanche Logan (che sotto di sé ha in realtà una specie di K2 in miniatura ad allietarlo) allora buona camicia a tutti.
Eroici, a dispetto delle avversità, l’indomani mattina è un pronti via verso Avignone, attraverso una miriade di paesotti provenzali che conquistano subito e che vengono paragonati subito a qualunque paese dell’hinterland turritano, giusto per avere delle certezze immediate. I più gettonati: Olmedo (per quelli che sono davvero uno sputo), Sorso o Alghero (gli intermedi, per così dire) e – last but not least – la Ziddai (per le metropoli). Avignone comunque è una favola e viene tutta assaggiata in giornata nonostante i buoni 30°, intervallati da una sosta rifocillante in ristorante vietnamita che (è deciso eh) sarà l’unica trasgressione fino a chissà quando. Dopo Palazzo dei Papi, Ponte, giri vari e aver guadato il Rodano in battello (al grido di battaglia di “Salpa Sassari!”, con gli altri passeggeri allibiti) si fa sera, ma di tornare in quel cesso di campeggio non se ne parla neppure. Al massimo si opta per la ricerca di un materassino che almeno ammortizzi i sassi posizionati sotto il culo. Ci si reca perciò in due o tre Géant Casino, invano. Inutile dirvi a che ora accade il tutto e come viene accolta la disavventura da parte di Logan e JF. Incazzati e stanchi i due si gettano nelle braccia di Marsiglia, con nelle orecchie strane storie sul vecchio malfamatissimo porto. Si giunge in città, proprio nel porto vecchio – che è il cuore pulsante del centro, a quanto pare – e c’è una quantità di gente impressionante. La zona malfamatissima è piena chiaramente di ristoranti di lusso, locali, pub e gente che ha il portafogli a fisarmonica. Logan non si smentisce e sfidando le leggi della fisica e il calcolo delle probabilità parcheggia senza perdere troppo tempo nella zona più centrale del porto. La città è bellissima, ma è stato stabilito che dopo il vietnamita il budget avrà la priorità su tutto, quindi zero cazzate. Conseguenza di ciò è una lieta sosta in piazzetta a discutere amabilmente in compagnia di cozze e gamberoni, seguita da pinta al pub irlandese e alla vista dall’alto di Notre Dame de La Garde, che è un po’ come se il Duomo di Sassari fosse a Osilo. Ci si addormenta poco dopo come sassi. Sui sassi.
L’indomani è tempo di fare ciao ciao con la manina al camping. Grazie ad un abile lavoro di coltello su presa made in italy già esistente ci si può connettere finalmente al web, durante la colazione. Si abbandonano La Rivière e Mark Knopfler e si prosegue verso ovest, previa tappa al Géant Casino di Arles per acquisto di cibo. Pranzo al sacco in Camargue, che ha come guest stars due bottiglie di Bordeaux e delle libellule multicolore grosse come tappi di sughero. Il caldo è asfissiante. Logan guida rigorosamente a pittorra, come se stesse tornando dalla Rotonda la domenica pomeriggio. In teoria la prossima tappa sarebbe Carcassonne, ma la strada è apparentemente infinita perciò – nei pressi di Montpellier – si fa una doverosa fermata ai box in un autogrill. Mentre si discute di quanto lungo sia il percorso, viene avvistato un pullman di quelli da viaggi organizzati, anche lui in pausa, che reca il cartello Sofia-Madrid-Sofia. JF e Logan si scambiano una rapida occhiata, sgranando gli occhi. Sì, sono proprio bulgari. Il tardo pomeriggio regala una brezza fresca che riporta i nostri eroi in vita. Ad un certo punto viene avvistata una costruzione gigantesca che si staglia in mezzo al niente, visibile da almeno 20 km di distanza: è Narbonne, e quella – verrà scoperto in seguito – è la magnifica cattedrale. Why not?, pensano i due. Pausa birretta con annesso concertino jazz in piazza e rapido sguardo alla cittadina. Che merita, come tutta la regione Linguadoca-Rossiglione (non manca molto alla Spagna, per intenderci). Da un lato vigneti, dall’altro girasoli. Vigneti anche dentro le piazzole all’interno delle rotonde. Ammazza. Il pensiero ai vini francesi rende il tragitto meno pesante e Carcassonne ormai non è più un miraggio. Tuttavia non si ha la più pallida idea di dove si andrà a dormire. Eureka! C’è una pensioncina-ristorante lungo la strada. JF e Logan chiedono lumi, facendosi pure due conti in tasca. Partono le trattative, ma non si capisce se c’è posto o meno, perché la ragazzina che riceve alla porta ogni volta entra dentro a chiedere spiegazioni a i veri gestori della faccenda. Finisce che si entra per saperne di più mentre è pieno di gente seduta su panche di legno che mangia tipo uno stufato. Una vecchia stronza, simpatica quanto i sassi del campeggio, parla con la ragazzina, che le spiega: “Ils sont italiens… Particuliers…” non sapendo che JF capisce lu franzesu. Poi la vecchia continua, trattando i due inviati de La Tana come due emigrati col fagotto in spalla da fine ottocento. L’oltraggio alla patria è tale che JF si incazza, mandando praticamente affanculo vecchia e ragazzina e portando il deretano in fretta e furia sopra il sedile dell’auto. Basta: si troverà un posto per dormire a Carcassonne. Ne siamo proprio sicuri?
[scopritelo nella prossima puntata]

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