giovedì 29 ottobre 2009

Road Trip - Parte Quarta

[riassunto delle puntate precedenti]
Appena messo piede a Carcassonne, non ci vuol molto a capire che esistono due realtà ben distinte: una moderna e abbastanza anonima nella parte bassa, l’altra (la Cité) su una rocca racchiusa da fortificazioni medioevali, con gente che ci entra dentro in Lamborghini. Una pacchia per i giapponesi e la loro esuberante tecnologia. Non ci vuol molto nemmeno a capire che si dormirà in macchina, signori. JF e Logan – dopo aver a lungo girovagato a caccia di un letto – cercano parcheggio a gratis nelle vicinanze della Cité e convengono che accanto ad un enorme vigneto sia cosa buona e giusta. Per confermare la loro prima impressione e marcare il territorio pisciano nel vigneto. Poi, come nelle migliori tradizioni del galateo, si passa direttamente alla cena, che ha luogo sopra il cofano e che – come molte altre volte nel corso del Road Trip – sarà pane e formaggio oppure solo pane. In quel mentre giunge minacciosa un’auto nera e una tizia dall’aria alquanto incazzosa abbassa il finestrino e (pur essendosi persa di poco la dissacratoria pisciata) abbaia contro i nostri eroi in inglese (!) anche se è chiaramente francese. Dice che lei abita lì vicino (embé?) e non vuole che le si rompano i cabasisi con tutte ‘ste macchine fra i piedi. JF e Logan mormorano qualcosa (non in inglese) e cominciano a pensare che liberté égalité fraternité un par di balle. Meno male che la Cité è clamorosa, almeno quanto due bicchieri di rosso che riportano sempre tutto in the mood e una gelataia semplicemente da urlo. Logan promette ad un turbato JF che l’indomani saranno proprio lì. Così sarà, infatti, ma soltanto dopo aver inaugurato la voiture by night in mezzo ai camper (con JF che utilizza Pompina per svegliarsi senza sole in faccia) e aver profanato – muniti di zainetto – un paio di cessi dei simpatici baristi di Carcassonne. Belli freschi si punta dritti verso la gelateria e ovviamente c’è un tizio pieno di orecchini e coi baffi a manubrio al posto dello splendore della notte prima. Un altro giretto, un paio di sospiri ed è ora di scoprire la tanto decantata (da JF) Tolosa, località alla quale Logan si riferirà per tutta la durata del viaggio chiamandola “Tolone”. Attraversati territori assolati e fantastici, con girasoli da una parte e vigneti dall’altra, i due inviati de La Tana entrano trionfanti nella regione dei Midi-Pyrénées, affamati come coguari sulle sponde della Garonna. Che è un fiume coi controcosi, se non lo avete mai visto. Tolosa, come previsto, conquista subito. Il centro storico è spettacolare ed è quasi tutto rosa, il ristorante indiano dove Logan sbrana due polli vivi è leggermente meno rosa ma l’efficacia più o meno è la stessa. Per riprendersi dal primo pasto degno di questo nome consumato dopo secoli di buchi nella cintola è inevitabile un simil-caffè e una sana dormita sul prato antistante la meravigliosa cattedrale, in mezzo ai passanti. Rinvigorito, Logan straccia a morsi una multa per divieto di sosta, poi viene impostata una pantagruelica cena a base di pane e formaggio, interrotta da una risata isterica che durerà all’incirca mezz’ora. Si è già stabilito di anticipare la partenza alla notte stessa, alla volta dell’Oceano Atlantico perché – e che cazzo, signori – ti fai il Road Trip e non ti bagni il culo nell’Oceano? Eh no. Prima però, essendo un sabato sera ed avendo voglia di birretta, c’è tempo per indagare i misteri del calcio transalpino in un pub irlandese che trasmette la prima giornata del campionato. JF sa che il Tolosa indossa la maglia viola ed è subito amore, in attesa di festeggiare un goal con decine di supporters ridotti a una mina sul bancone. Invece una mazza. Il Tolosa è affettato fuori casa da non si sa bene chi, mentre i presenti tifano sottovoce e con irritante educazione per l’Olympique Marsiglia. Al novantesimo, Logan riprende la macchina parcheggiata come da copione a qualche metro di distanza: un salto a visitare un’altra bella chiesetta illuminata a giorno e vai verso l’Oceano. Nel giro di un’oretta comincia a scenderne l’aria. Ci si ferma a dormire nei pressi di una stazione di servizio senza avere la minima idea di dove ci si trovi, mentre infuria un temporale pazzesco. La temperatura è poco sopra i 10° e il sonno è allietato dalle gocce grandi come noccioline sul tettuccio. L’indomani è ancora pioggia a catinelle. un rapido summit fra JF e Logan decreta ufficialmente che il bagno nell’Atlantico non s’ha da fare. Poche storie, dritti a Poitiers dove JF ha elemosinato un appartamento (tutto per loro) dall’amica F., in quei giorni a Berlino. Con il cuore colmo della speranza di poter dormire su un letto e di poter mangiare un piatto di pasta ci si fa tutta una tirata senza scalo a Bordeaux, dove si intravede una Garonna (o Gironda, se preferite) ancor più simpatica. A Poitiers si arriva all’ora di pranzo, previo avviso via sms a G., sconosciuta indigena amica di F., in possesso delle agognate chiavi di casa, che farà ricredere i nostri eroi a proposito della notoria antipatia dei cugini d’oltralpe. JF e Logan staccano finalmente la spina, si fanno la doccia, un aglio&olio e non mettono piede fuori di casa per un giorno e mezzo. G. (che parla italiano) viene invitata a cena la sera stessa, nella quale vengono disinnescate varie bottiglie di rosso e la serata scorre piacevolmente, nonostante la stanchezza che incombe. Andazzo simile pure l’indomani, quando si è convinti di lasciare Poitiers in serata per raggiungere il Mont Saint Michel, non proprio dietro l’angolo. In realtà Poitiers è molto bella e merita più di un semplice sguardo fugace. La serata termina con ovvio pit-stop in bar ristorante, dove si riconsegnano le chiavi a G., la quale è lieta di far assaggiare varie prelibatezze ai due vagabondi, accompagnate non esattamente da acqua smeraldina. Logan e JF insistono che a pagare devono essere gli ospiti – cazz – anche perché il conto sarà senza dubbio salato, dopo birre, vini, sciroppi, torte e foie gras. Tuttavia i nostri eroi scelgono il momento buono per giocarsi l’asso nella manica: JF intasca gli scontrini e al momento del pagamento toglie fuori la tessera non paghemmu un cazzu. Risultato: solo l’ultimo giro e il gestore che domanda gentilmente “andava bene?”. “Benissimo” risponde JF. L’uscita dal bar è un tripudio nella più bieca tradizione vacanziera italiota, con JF e Logan che si danno il cinque in salto ed esultano come al goal di Grosso, lungo marciapiedi vuoti ignari del misfatto. Il budget è quello che è, dunque il moralismo viene temporaneamente abbandonato. In ogni caso niente Mont Saint Michel ormai: è tardi e c’è troppo alcool in corpo. Le chiavi tornano ai due, che l’indomani si ricongedano da G., dopo abbondante colazione française. Via verso la Manica e boh. Mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco, però: il carburante è finito. Per fortuna mancano pochi metri al distributore, perciò scendi JF, spingi. Le braccia erculee del fondatore de La Tana conducono l’auto in salvo, ma serve la tessera – quella vera stavolta. Due o tre tizi rifiutano di prestarla dietro compenso, il che favorisce un’opinione nuovamente non troppo positiva sui francesi. Alla fine una simpatica cicciona si dimostra l’unica persona gentile del lotto (“mica vi lascio qui a piedi” dice a JF, che ripete “merci beaucoup” almeno trenta volte) e si può ovviare all’inconveniente. Si potrà così giungere all’agognato Mont Saint Michel?
[scopritelo nella prossima puntata]

3 commenti:

  1. Perche adesso, si puo bere il caffé "italiano" anche a Poitiers...

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  2. logan di baywatch11/04/2009 10:05 PM

    la sconosciuta indigena G. se ne beve e se ne mangia mille...

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