martedì 24 marzo 2009

Comfortably Numb

Oggi, martedì 24 marzo, ore undici circa. Provvisto di passo felpato, mi reco a scuola. C'è la cara vecchia ricreazione. Tanto meglio. Io e un collega dobbiamo incontrarci con la prof per discutere di una faccenda e il clima è ancora più rilassato del solito clima già abbondantemente rilassato. La faccenda non è particolarmente complicata - le cose complicate, al momento, sono ben altre. Faccio in tempo a prendere un caffè alla macchinetta e a dare un'occhiata intorno, soddisfatto. Infine, una biondina mica male ci fa i complimenti per una lezione svolta nella sua classe qualche mese fa. Insomma. Meglio di così. Poi, tronfio come un pavone, me ne vado tutto quanto. Mentre fluttuo fra sciami di diciassettenni con le briciole del panino ai lati della bocca e frammenti di tonno incastonati nei timidi baffi da sparviero, intravedo l'uscita e uno spicchio di cielo terso.
Chissà perché, mi torna in mente l'anno scorso. Più o meno, lo stesso periodo. Primi vagiti di primavera, con quel che ne consegue. Un altro liceo però. Che poi era nient'altro che il mio vecchio liceo. C'era pure la mia stessa insegnante. Nella mia stessa sezione. Nove anni e non sentirli. E persino la tizia del bar mi aveva riconosciuto, e i quei professori ancora là in trincea. Tutti a chiedere come va, ma gli altri che fine hanno fatto, ma che materia fai, ah che bello. Casa, praticamente. Una pacchia. Come quando ero studente. Il mio ruolo era davvero autorevole. Una sorta di figura semi-mitologica in grado di scacciare via amletici dubbi a chi era alle prese con la tesine di maturità. Loro venivano da me - in biblioteca - anche se nel frattempo su in classe il prof di turno stava spiegando le derivate, o interrogava Pascoli, o correggeva i compiti riguardanti le rocce. E io lì, inebetito ma non dispiaciuto, con 'ste diciottenni che si lasciavano guardare, a proporre nuovi argomenti, a suggerire possibili collegamenti, a fare finta di ascoltare. In fondo, mi sentivo uno di loro. Avevo anche le converse ai piedi, che diamine. Meno male che dal primissimo giorno, dalla primissima campana della ricreazione, avevo stabilito delle gerarchie. Era tutto così dannatamente uguale a quando ci studiavo io, là dentro. Eppure i nodi son venuti al pettine. Il primissimo giorno, poco prima del primissimo caffè della primissima ricreazione. Sono andato al cesso. E lì, paradossalmente, ho capito di essere salito di livello. Di stare facendo carriera, in un certo senso. Qualcosa, rispetto a nove anni fa, era cambiata. Anzi, una cosa sola. Il cesso. Ora, infatti, vado in quello dei profs.
Forse m'è tornato in mente tutto questo, stamattina, in mezzo alla confusione, perché me la stavo facendo addosso. E allora, prima di levare definitivamente le tende, son tornato indietro e sono andato al cesso, ricordando così a me stesso quanta strada ho fatto. Tutta via Università, tipo. E' bello avere delle certezze, ogni tanto.

1 commento:

  1. c'ero anch'io!!! e cmq la biondina non era niente male! :)

    RispondiElimina