lunedì 6 dicembre 2010

Porto(bello)

Carissimi utenti militanti, voi che seguite le vicende internazionali de La Tana nonostante le intemperie e gli agenti atmosferici (che ci sono storicamente nemici), rieccoci ai posti di comando dopo circa una settimana trascorsa perlopiù a riprenderci dal fuso orario portoghese (ben un'ora). Come promesso, eccovi servite le peripezie della Tana sull'Atlantico: l'odore del baccalà sul giubbotto ne è una testimonianza inconfutabile. E se non credete ai vostri occhi e neppure alle vostre orecchie, ebbene, crederete ai vostri nasi. La Tana dunque in escursione in terra portoghese, attraverso tappa londinese accompagnata dal più classico dei pranzi al sacco e da dormita su svariate panchine (tenetelo presente: non saranno le ultime). Per la cronaca: Limoges abbandonata con temperatura ben inferiore allo zero e paesaggio circostante monocromatico tendente al bianco ottenuto col dixan. Com'è ovvio, si pensa che Porto offrirà un netto miglioramento: magari ci sarà vento, ma non ci sarà mica lo stesso freddo, no? Com'è altrettanto ovvio, l'arrivo in nottata mostra subito il trend del weekend: un freddo da cagarsi. Porto è illuminata a giorno ma nonostante sia un venerdi' sera non è che ci sia tutta 'sta gente in giro. Il termometro intorno ai 6° e l'umidità a palla fanno capire immediatamente il perché, pero' si è troppo stanchi per saperne di più. L'indomani si divora una quantità improponibile di cibo a colazione e si parte gambe in spalla, muniti del manuale delle giovani marmotte, rigorosamente in francese. Innanzitutto una precisazione: Porto è a picco sul fottuto fiume Douro. Il che significa che per arrivare dall'albergo al quartiere della Ribeira, cioè il centro storico, si scende di molto. E significa anche che per rientrare in camera si prende la funicolare. Tuttavia la Ribeira è un posto meraviglioso, con quella malinconia tutta portugal e quel connubio a prima vista sconcertante fra barocco, colori, profumi, chiese ogni due metri, miseria e decadenza. Inoltre il Douro, che sfocia 4 km più ad ovest, spacca di brutto ed è enorme. Il primo tentativo di seguire i consigli delle giovani marmotte si rivela infausto: mezz'ora alla caccia di un ristorante rinomatissimo (per i francesi, perlomeno) che si scopre non esistere più. Si ripiega su autentico zilleri locale, che offre per cifra ridicola baccalà e birroni. Il proprietario ha il baffone e la moglie cucina: nulla da eccepire. Accanto due francesi, incuranti del piatto del giorno (indovinate quale), che ordinano due hamburgers. Partono gli insulti in sassarese. Al momento del conto il proprietario viene a conoscenza della nazionalità tricolore del vostro affezionatissimo e chiosa, allisciandosi il baffo: "qua... niente maccherone". Tempo di spremuta d'arancia (che qua è un'istituzione) e dolci molto buoni ed esplorazione che prosegue anche nel pomeriggio, per terminare con un lavamano di polpi al riso e una scudisciata di baccalà (ah no?), differente dal pranzo e ugualmente di livello. Stavolta promosse le giovani marmotte. La domenica è il momento di completare il tour nel resto della città (il cui centro è di dimensioni ridotte), di assaggiare un'orata arrosto da sballo, di bere tanto Porto e di dare un'occhiata anche ai dintorni. Percio' obbligatorio passaggio sul ponte più importante, che offre una vista spettacolare e - soprattutto - gita in battello (battello in realtà è un parolone) lungo il Douro, mentre degli altoparlanti diffondono L'italiano di Toto Cutugno, rimodellata in portoghese. Infine l'Oceano. Ci si arriva col tram (non il bus, il tram vero, anche se sembra roba da museo: sferragliante, con l'autista che si porta appresso la famiglia e una cordicella per richiedere la fermata) in pochi minuti, il tempo di capire che la passaggiata è piena di gente. La vista è magnifica ed inquietante, anche se sembra di trovarsi a Porto Torres, complice forse lo scorcio del porto commerciale che si intravede a nord. Memorabile scena di due portoghesi, conciati come mondezzini (caratteristica, ahimé, locale) che abbordano due tizie probabilmente russe, che schifo non fanno, e che mostrano di gradire assai le attenzioni tutte latine. La cornice degli eventi è un freddo ancora più intenso dei giorni precedenti, ed è accompagnato dalla sconvolgente abitudine di non usare il riscaldamento nei locali pubblici. Come se non bastasse, le porte sono sempre aperte, per fare entrare e uscire a piacimento i simpatici avventori. Giova dire che i portoghesi sono vestiti (male) come se fossero in primavera inoltrata, ma dalla loro c'è una gentilezza sincera ed una sorprendente attitudine a parlare francese (dopo i tentativi di dire tre parole in portoghese che solitamente sono "parla inglese?", "parla francese?" o perfino "parla italiano?", lette direttamente dal dizionario tascabile e pronunciate in maniera orripilante). Purtroppo, la notte incombe, e con esso un bel soggiorno in aeroporto (l'aereo è strategicamente previsto per le 6 ora locale). Ancora un fantastico zilleri - i piatti arrivano dal piano di sopra, le birre belle fresche e tutti hanno più meno i baffi e guardano il campionato di calcio alla tv - e via. Ora, l'aeroporto di Porto è nuovissimo, bellissimo ed uno dei più moderni d'Europa. La drammatica lacuna è che - come oramai potete immaginare - non è riscaldato. Ne consegue notte di inferno trascorsa a bestemmiare in sassarese contro baccalà, Cristiano Ronaldo e omino delle pulizie, colui che ogni dieci secondi si presenta alla guida di un mega scooter con le spazzole con l'intento rendere il pavimento che hai sotto il culo alle 4 del mattino splendente come se fosse giorno. Le panchine, poi, non sono comode come quelle del venerdi' e la fila che si crea in un nanosecondo per i controlli, mentre provi a combattere il mal di testa galattico con un thé, rendono l'umore, per cosi' dire, mutevole. Per fortuna che l'addetto ai controlli, mentre ti levi la cintura dai pantaloni, ed avresti bisogno di altre tre paia di mani per tenere tutto sotto controllo, vede la carta d'identità ed esclama, felice: "Italiano!" "Eh si'" "Di dove? Milano? Roma?" "No, Sardegna." "Ah, Sardegna! Bella, l'Italia!". Si vede dalla faccia che quello non sa neppure dov'è, la Sardegna. Eppure basta, per sentirsi meglio. E per ritenere - per la prima e forse unica volta - comodi i sedili di un volo ryanair.

5 commenti:

  1. Lu Bresidente12/07/2010 7:50 AM

    AIsetta un pogareddu.... Altro che baccalà ti aspetta appena rientri! Pedi d'agnoni con la bagna bella piccante, riscaldamento a bomba e pizzinni d'andera a Go Go' con zidane che spiega calcio, finta di culo e non vede un cazzo.....

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  2. Cazzu no! E la coratella la sera del 24 dove me la stai lasciando? Zidane professore di pallone cazz...

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  3. lo straniero12/08/2010 7:02 PM

    Quella del vestir male è una caratteristica distintiva del portoguese medio. I baffi pure.
    Son brutti pure a nord, evidentemente.
    Non pare a volte di trovarti a Belgrado anzichè davanti all'oceano?
    Però sono così internazionali, sanno le lingue, e ti trattano bene.

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  4. Altroché... Una sorta di Jugoslavia sull'Atlantico...

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  5. giovane marmotta n°212/09/2010 10:54 PM

    Si baffi per tutti ! (anche le donne a volte...)

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