giovedì 21 gennaio 2010

Road Trip - Parte Sesta (The End)


[riassunto delle puntate precedenti]
Come da copione, il transito dalla Francia al Belgio è appannaggio di JF, mentre lì accanto Logan dorme il sonno dei giusti. Nel giro di poco tempo si giunge alla fantomatica Bruges, che ovviamente accoglie i nostri eroi con un bell’acquazzone degno di una delle grandi classiche ciclistiche tipiche della zona. Signor parcheggio nel centro stile Fratelli Grimm e via alla conquista dell’universo. Oltre ad acqua, aria, terra e fuoco altri due elementi sono fondamentali nella strepitosa cittadina fiamminga: la birra e il cioccolato. La tappa al Café des Artistes serve per decretare la superiorità del Mokador in fatto di cioccolate (in Belgio in pratica è una bevanda), mentre finalmente la smette di scenderne il cielo. La tappa all’ostello Bauhaus – che avrebbe dovuto ospitare Logan e JF la notte precedente, se non avessero deciso di tergiversare a Mont Saint Michel – rappresenta invece il gradito appuntamento con i birroni belgi, dato che al piano terra c’è il pub. E che pub. I due fanno un estremo tentativo per trovare un tetto per la notte, ma durante l’estenuante ricerca – voilà – altro diluvio. Si finisce per dormire in auto in una località alle porte di Bruges chiamata Oostkamp (imperdibile eh), con Logan zuppo d’acqua che lascia le scarpe tutta la notte sotto l’auto. L’indomani il bagnino più famoso d’Europa pensa bene di acquistare un cazzo di impermeabilino giallo (ce lo hanno tutti eccetto i cavalli) e manco a dirlo non farà neppure una goccia di pioggia. Favolosa sosta wireless in uno splendido bar dove – incredibilmente – fanno un caffé fantastico (JF lo comunica anche al proprietario, inorgoglito) e dove c’è un cesso che sfiora il concetto di bellezza in senso assoluto. Poco dopo c’è la possibilità di un tour al museo della birra (cazzu no!) e di farsi il giro di Bruges in battello lungo i canali: esistono cose peggiori nella vita. Tuttavia, l’Olanda è lì che attende, in particolare Delft. Pranzo luculliano a base di pane e formaggio sul cofano della vettura di fianco ad una specie di zoo/base militare (inutile aggiungere altro: ci sono pure i cerbiatti sul ciglio della strada) e via come il vento.
Previsto scambio di guidatori un minuto prima del confine con i Paesi Bassi. JF dà un’occhiata alla fedelissima Pompina e benvenuti fra i tulipani. Non c’è però il tempo di fare proprio un cazzo di niente: dopo qualche chilometro di russate di Logan accade l’imponderabile. Tamponamento a catena in corsia di sorpasso mentre Logan conta le pecore, botte allucinanti a vetture, cose e persone e spia rossa di emergenza. Il Road Trip è ad un bivio. La vettura è morta (mentre Pompina vive e lotta ancora con noi). Momenti di caos e di buchi del culo leggermente stretti. Nel giro di dieci minuti dieci arrivano ambulanze, sbirri & co. La professionalità non è in discussione. Nel giro di altri dieci minuti la strada è sgombra e il traffico riprende regolarmente. JF e Logan vengono allora trasportati presso l’equivalente di Caniga insieme al rottame dell’auto, dove gli indigeni sorridono cortesemente ma parlano solo fiammingo. Panico più totale. Per fortuna c’è M., amico di vecchia data di un indomito Logan, che giunge su un tappeto volante direttamente da Rotterdam e conduce i due supereroi nella sua magione (mica male) in mezzo ai mulini a vento della modernissima città olandese. Il kebab notturno non elimina il buco nello stogamo, ma la presenza di M. è perlomeno rassicurante.
Rotterdam è piuttosto bella però, dato che non si è vista Delft e che si è deciso di proseguire a oltranza nonostante gesùbambino incazzato come una biscia, il pomeriggio seguente il treno porta JF e Logan in quel di Amsterdam, già in origine tappa nell’estremo nord del Road Trip. È evidente come andrà a finire: coca cola e cannucce (e non solo) in uno dei milioni di coffee shop. Dopo l’iniziale scetticismo i due ciondoleranno come pere lungo le magnifiche vie della città, ululando come coyotes di fronte ai tizi che puliscono la strada o alla polizia olandese che giunge in bici (!) anche se non c’è motivo di intervenire perché nessuno rompe i coglioni a nessuno. Logan non è neppure in grado di mangiare al ristorante greco (ah, il tavolo accanto è occupato da due coppie di sessantenni sardi), il che la dice lunga. Ogni due minuti bisogna ricordarsi la strada per la stazione, altrimenti c’è il rischio di non sapere più neanche il proprio nome. In nottata si torna a Rotterdam, incolumi. Logan (ben coadiuvato da qualcun altro che anticipa il dinero) riesce ad organizzare il viaggio di rientro in Italy, ma a prezzo di decine di inquietanti telefonate con assicurazioni, cazzi e mazzi. Tempo di salutare il gentilissimo M., tempo di Germania, tempo di Dusseldorf.
Nella città lungo il Reno ci si incontra con A., S. e J.. Quest’ultimo conduce l’allegra brigata attraverso litri di birra e chili di carne e di patate. Logan piano piano riprende colore, la gente per strada fa il resto (sarebbe ferragosto). Dusseldorf nell’Alt Stadt (cioè pub+pub+pub+n pub) è come la Sagra della Pecora ma con migliaia di persone, di cui molte potrebbero essere i tuoi nonni, ormai a una mina e con il bicchiere (pieno) in mano impegnati a cantare roba assolutamente impronunciabile. La cosa che lascia di stucco è che nonostante tutto l’alcool deambulante, non c’è il minimo accenno di rissa – aspetto da non sottovalutare alla Sagra della Pecora, probabilmente. Superba ascesa sulla torre sopra il fiume e piacevolissimo assaggio della città. Meno piacevole l’assaggio dell’apfelschorle (una bibita a base di mela che non soddisfa i due reduci dalla disavventura olandese). L’indomani al manzano, prima di partire per Trier, c’è una colazione leggendaria in pasticceria di lusso (grazie a J.), dove campeggiano le foto di clienti celebri (tipo Gorbaciov o il Papa) e dove tutti possono sbranare fette di torta cinque stelle con cappuccino tutt’altro che malaccio.
A Trier fa un caldo boia fino a sera.
JF e Logan danno uno sguardo rapido al centro, poi optano per un mondiale a PES nella loro bella pseudo-mansarda dell’ostello. Purtroppo a gesùbambino non è ancora passata e la magica Argentina perde in finale, in mezzo alle bestemmie più elaborate. A cena ancora J. fa gli onori di casa e introduce la comitiva ai gaudenti misteri di un luogo ameno, dove si mangia in modo paradisiaco e soprattutto si mangia come maiali. Per la cronaca: il tutto non viene accompagnato da acqua. E neppure da vino. Ma la malinconia ormai la fa da padrone: è l’ultima serata di Road Trip. Porca la miseria, porco tutto il resto.
Bisogna – la mattina dopo, of course – arrivare a Frankfurt-Hahn, ovvero l’aeroporto. Sembra la fine di un’odissea. Manco per sogno. Si è sopra di almeno 20 kg di bagaglio. Logan getta di tutto nei cestini dell’aeroporto, poi indossa (con oltre 30°) dodici camicie e ventiquattro magliette. È fatta. Anzi, no. C’è la chiterra. I crucchi sono crucchi e la chiterra non si imbarca. ‘azz, pensano i due. Anche perché non si può nemmeno abbandonare lì. Tutti i passeggeri sono già pusaddi, con Logan e JF a discutere in inglese con i tizi dei controlli e con la paura fottuta che ormai sia solo l’inizio delle Piaghe d’Egitto. Il miracolo avviene, alla fine. JF insiste nel mangiare il cervello alla tipa che nega il passaggio a uomini e strumento e impietosisce un altro controllore lì accanto, uno pieno di tatuaggi e con l’occhietto sveglio. È chiaramente lui il cavallo vincente. JF lo sa e batte il ferro finché è caldo, raccontando dell’incidente e inventando anche qualche balla per rendere il tutto più efficace. “La prossima volta niente chitarra, però”, dice la tizia impassibile. “Fottiti, stronza” dicono Logan e JF mentre corrono a perdifiato verso la scaletta. Il motore è accesso. Si torna a casa.
La Tana del Grillo, Logan Fowler e JF Sebastian ringraziano tutti i lettori per aver partecipato emotivamente (e non solo) al Road Trip. Aggiungiamo inoltre che nessun animale è stato maltrattato durante la stesura di questi post.

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