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mercoledì 12 dicembre 2012

La prossima la giochiamo a New Orleans

Quando – circa un paio di mesi fa – sono venuto a sapere che la Dinamo avrebbe giocato in Eurocup a Orléans non ho esitato neppure per un secondo. Orléans dista da qui circa due ore e mezza, un lasso di tempo di fronte al quale anni fa avrei risposto "col cazzo"; invece, sarà perché negli ultimi due anni la Dinamo l'ho vista solo sottoforma di play-to-play, sarà perché mi sono abituato alle lunghe distanze, insomma Orléans mi è parsa immediatamente una tappa obbligata. Ne sono cambiate di cose, in questi due anni, e non soltanto per il vostro umile e affezionatissimo blogger: la Dinamo – che ai miei tempi regalava domeniche pomeriggio sbadiglianti e post-alcooliche in LegaDue contro Scafati, Osimo o Fabriano, con il Palazzetto che mostrava un entusiasmo piuttosto contenuto – è nel frattempo salita nella massima serie. Non solo: ha fatto i playoff. Ah no, è arrivata alle semifinali dei playoff. Anzi, si è addirittura qualificata per l'Eurocup. E adesso tutti a Sassari seguono la Dinamo, e al Palazzetto non ci sta più neanche uno spillo.
A me 'sta cosa – a ripensarci – sembra ancora una specie di scherzo perenne, in atto a mia insaputa da un biennio – eppure è tutto vero. Ne parlavo tempo fa con l'amico Ignorant Shooter, testimone anche lui dei Grappasonni di turno e delle basette allegre di coach Bernardi: esattamente come me, pure lui segue ora queste vicende da lontano, in un clima di comica incredulità. Ci siamo detti che eravamo noi, a portar sfiga, e finora nessuno si è preso la briga di smentirci.
Detto questo, l'emozione di seguire la squadra della tua città quando vivi all'estero non puoi negartela, fanculo le due ore e mezza di macchina. Fanculo anche il lavoro, gli spostamenti, i camion in autostrada, il traffico, il non trovare il palasport nemmeno con googlemaps, le bestemmie contro Giovanna d'Arco, i "cazzo non c'è parcheggio da nessuna parte": le due ore e mezza diventano quasi quattro.
Giungiamo a destinazione in pratica alla palla a due e con lo stogamo brontolante. Per fortuna che, essendo in possesso di accredito stampa non dobbiamo fare la fila, o meglio entriamo da un ingresso secondario dove c'è scritto una roba tipo "stampa" ma anche "vip". Quindi veniamo accolti come i Re Magi e condotti letteralmente sul parquet: al tavolo ci dicono "no, non qua, lassù", ed infatti la tribuna stampa ci attende, con il suo posto riservato. L'accredito al collo suscita la curiosità degli educatissimi spettatori: li sento mormorare "oh, hanno mandato i giornalisti italiani", cosa che mi fa morire dalle risate ma si vede che quelli non prendono mica per il culo, sono lusingati. Allora sfodero una faccia seria e professionale e ripenso a quando, non lontano da Parigi, mi invitano ad una rassegna nella mediateca cittadina e vengo presentato (nonostante il mio curriculum) come "Professore di Letteratura (quale?) all'Università della (!) Sardegna". Parole come macigni (nessuno ha idea di cosa sia in realtà la Sardegna: una città, una nazione, un dipartimento, una corrente filosofica) che producono un "ooooh" di rispettosa approvazione dalle file in fondo.
Anche a Orléans sono molto gentili e si affrettano a darti spiegazioni di ogni tipo perché pensano che tu sia venuto fin li da Sassari per seguire la partita quindi sicuramente sarai un po' stanco: non si rendono nemmeno conto che gli parlo in francese, rispondono in inglese per educazione. Ad ogni modo, la partita è uno spettacolo indegno. A parte che il pubblico (scarso) ha un'età media di settant'anni, con le ovvie conseguenze sul pathos dato all'evento, la Dinamo gioca in maniera ridicola e giustamente perde. Io, che ci devo scrivere un articolo, sono piuttosto distratto: all'inizio non ho internet, poi ce l'ho ma la password è un geroglifico, poi è l'intervallo e mi dedico al sandwich di subway sbrodolando dappertutto, infine rialzo la testa ed è tutto finito. Devo confessare una certa delusione: me l'aspettavo diversa, questa Dinamo in Francia. Forse perché manca il tifo – e dentro di me sognavo di esultare in solitaria zittendo i supporters locali in dialetto turritano – ma soprattutto perché quando perdi di 15 hai ben poco da esultare. La sensazione è che tutto sia troppo anonimo per essere ad oltre 1000 km da Sassari, pero' la colpa probabilmente è tua.
Alla fine mando il pezzo, accetto i pasticcini gentilmente offerti dall'addetto stampa e mi sparo pure le interviste – deliranti per colpa delle traduzioni simultanee. Tuttavia, quando ritroviamo la macchina senza multa mi dico che poteva andare peggio e ritrovo il sorriso. Ipse dixit: a 20 km da Orléans facciamo sosta per mettere benzina ma la macchina non parte più. Manco a spinta (si scoprirà essere colpa del motorino d'avviamento). È quasi mezzanotte, siamo stanchi morti, in culo ai lupi e, come se non bastasse, la Dinamo ha perso. Tutte le peggiori bestemmie da stadio, che non ho potuto utilizzare al palasport, tornano di attualità. Che fare? Meno male che l'assicurazione ci regala un passaggio col carroattrezzi fino al garage, un luogo ideale per un omicidio, poi addirittura il taxi fino a casa. Il bello è che non bisogna sborsare manco un centesimo. Si parte. C'è una nebbia che non si vede veramente un cazzo di nulla ed il tassista è di quelli simpatici che non smettono di parlare un nanosecondo. Giungiamo a Limoges, fra una balla e l'altra, verso le 3 del manzano: il tassametro segna circa 360 euro e mi viene istintivamente da sgranare gli occhi. Un finale del genere, mi dico, rende tutto più epico. Perfino una sconfitta.       

martedì 20 novembre 2012

Attacco l'Alsazia con dieci armate!

Non dite che non vi avevamo avvisato: mantenere in vita questo blog non è affar semplice. Ora, ad esempio, ho giusto il tempo di usare il defibrillatore e vedere un po' che cosa ne è rimasto. Per darvi un'idea: questo post è stato inizialmente concepito un paio di settimane fa, e vede la luce solo adesso. Le due settimane fa coincidevano con il rientro dall'esplorazione della Francia orientale, ovvero oltre 2000 km di bontà in olio d'oliva. Eh già, perché ce lo siamo fatti en voiture, il giretto, con tanto di sconfinamenti e pranzi al sacco come nella miglior tradizione della Tana. Inutile percio' stare ad elencarvi pedantamente itinerari, menù, andamento delle temperature. In sintesi: tutto piuttosto bello, tutto piuttosto buono, un freddo da bazzi. Ecco allora le dieci cose dieci da ricordare – non necessariamente le migliori – del recente viaggetto in Alsazia e dintorni. Pronti, via:

1. Poco dopo la scoppiettante Auxerre (pieno centro deserto di sabato pomeriggio: la visione di un camioncino che faceva le crêpes è parsa inizialmente un miraggio), un inatteso regalo propostoci dal percorso: in una tanca di fèrula nel bel mezzo della campagna abbiamo avvistato un cartello con annesso indiscutibile logo, PIZZERIA BATMAN. Il bello è che son riuscito poi a trovarlo in qualche modo anche in rete, peccato non ci sia il sito ufficiale con il menù perché secondo me merita.

2. Il benvenuto in Germania – dove non ci sono limiti di velocità, tranne che in alcuni tratti – ci è stato dato da un tizio in autobahn. Non appena abbiamo messo piede (o per meglio dire, ruota) sul suolo teutonico siamo stati sorpassati da un'auto che andava di certo ad oltre 200 km/h. È stato come vedere avvicinarsi un meteorite nello specchietto retrovisore. Dice: e che macchina era? E chi cazzo l'ha vista? Era bianca.

3. Non ho assolutamente idea del perché, ma quando facevamo colazione negli hotel la mattina – momento notoriamente fra i migliori di ogni viaggio che si rispetti – ogni volta c'erano delle giovani famiglie spagnole, o sudamericane, insomma parlavano spagnolo. Aria simpatica ma un tantino a disagio, tortillas individuate col radar e, soprattutto, la tuta. Padre, madre e possibilmente anche figlio piccolo, tutti in processione come matrioske con le loro belle tute in acetato (!).

4. A Strasburgo (a proposito: a parere di chi vi scrive più bella città di Francia dopo la capitale), abbiamo trovato una trattoria dall'aspetto invitante e sufficientemente croccante nel cuore del centro storico. I pochi dubbi sulla qualità della cucina sono stati spazzati via dal vecchietto nel tavolo di legno accanto, che si è addormentato durante la degustazione del suo brasato di cervo con porcini. Un secondo dopo, abbiamo ordinato. Alla fine il vecchietto si è risvegliato e si è portato via il suo quartino di rosso.

5. Sempre a Strasburgo ci è capitato di visitare una chiesa dalla storia intrigante (ce ne sono due che portano lo stesso nome ma la prima originale era protestante mentre questa è cattolica) e una vecchietta – non pensiate che siano tutti vecchi a Strasburgo, anzi – ci ha accolto in qualità di "guida" per raccontarci le varie vicende che hanno portato alla sua costruzione. Rivolgendosi alla mia dolce metà ad un certo punto ha detto "ah ma lei forse non capisce il francese." Ovviamente ha proseguito il suo monologo turistico-religioso con me, che a quel punto non ho aperto bocca manco per sbaglio.

6. In Alsazia – immagino a causa delle temperature intrattabili – quando entri in un ristorante, trattoria, taverna, ovunque, ci sono delle enormi tende che separano la porta d'ingresso dalla sala vera e propria e dunque mantengono caldo l'interno. Il bello è che in alcuni casi (diciamo nei luoghi più promiscui) per districarti finisci quasi per gettare il bordo delle tende nella zuppa dei clienti più disgraziati, capitati sfortunatamente vicino all'uscita. Come se già non bastasse il freddo.

7. A Colmar, cittadina peraltro bellissima, siamo arrivati verso le sette di sera e non c'era un cane in giro. Negozi chiusi, illuminazione inesistente, grossi punti di domanda sul perché cazzo non ce ne siamo rimasti a Strasburgo. A coronamento dei dubbi uno stormo di corvi – apparentemente gli unici esseri viventi nel raggio di svariati metri – ha cominciato a gracchiare. Ci siam detti: troviamo un ristorante e boh. Mi è venuta un po' meno fretta quando ho iniziato il mio baeckeoffe.

8. Ancora le stranezze di Colmar. Da queste parti il colmarien più famoso a tutt'oggi è Bartholdi, il cui nome lo si ritrova un po' dappertutto come il prezzemolo. Tanto per omaggiare il loro celebre concittadino a Colmar hanno edificato una riproduzione della Statua della Libertà. Dove l'hanno messa? L'hanno strategicamente collocata in una rotatoria in piena zona industriale, fra un caseggiato e l'altro all'ingresso della città. La prima reazione è chiedersi dove cazzo si è finiti. Chissà perché ma mi sono immaginato un enorme candeliere in una qualunque zona di Predda Niedda: ecco, nonostante tutto forse perfino il candeliere sarebbe meno brutto.

9. Magica Colmar. Prima di partire abbiamo fatto un meritato pit-stop al supermercato, Leclerc, ovvero lo stesso che frequentiamo qui a Limoges. In questo luogo meraviglioso – che ci consente oltretutto l'acquisto di una bottiglia di Cynar, oggetto la cui ricerca stava diventando una sorta di tentativo di conquista del Sacro Graal – abbiamo notato che il reparto alcolici è qualcosa come il triplo (anche in proporzione agli altri reparti) rispetto a quello che vediamo abitualmente. Poi ho alzato lo sguardo ed ho visto i volti rubizzi dei clienti. Una fazza una razza.

10. Mossa finale da campioni, ancora nel suddetto supermercato: non paghi del Cynar, del Riesling, nonché di altre puttanate varie, abbiamo optato per l'acquisto del Munster, un formaggio dall'odore inconfondibile che successivamente ci allieta per i quasi settecento chilometri che ci separano da casa. La sistemazione nel bagagliaio – con tanto di buste, casse, frasche e sterpaglia – non neutralizzerà gli effluvi manco per il cazzo, cosicché ogni qual volta bisogna fare una pausa si aprono le portiere ben consci del pericolo. Pero' è talmente buono che, piuttosto che gettarlo via, abbiamo tenuto il respiro.

mercoledì 24 ottobre 2012

Chilometro Zero

Con la pubblicazione delle classifiche (cosa che accade due volte l'anno: a giugno ed in ottobre, quando il sito della federazione è talmente intasato da non risultare accessibile) la stagione tennistica torna - diciamo pure prepotentemente - di attualità.
Dopo un'estate di battaglie pomeridiane con 35° o peggio, si riprende a giocare sul duro, al chiuso e a dispensare bestemmie in diretta, che tanto qua nessuno ci capisce niente. Tennis sport da ricchi, direte voi. Mica tanto: con un centinaio d'euro sono un signore per tutto l'anno e quello che pago il più delle volte è solo la classica birretta post-partita (a tale proposito la scoperta della consumazione gratuita durante i match a squadre fra diversi club – che si svolgono di norma la domenica mattina e spesso piove, o c'è nebbia o comunque fa un tempo di merda – è stata accolta la prima volta con un'autentica ovazione, tipo ola). Una specie di free-drink tennistico, insomma, ad esclusione dei vari tornei, il cui prezzo – va detto con rammarico – resta spesso inferiore a due ore di tennis nei soleggiati campi turritani. E le palle (mai più di quattro) sono fornite dal club. Non che qui sia tutto perfetto, ovviamente: basta partecipare a qualche competizione ufficiale per farsene un'idea. Una volta, durante un torneo nelle vicinanze (vicinanze nel senso 10 minuti a piedi da casa) mi hanno piazzato gli incontri rigorosamente alle 15 nonostante temperature adatte soltanto ai rettili. Di ombrelloni manco a parlarne; abbiamo spostato le sedie di plastica a ridosso di una siepe, quel tanto che bastava per ottenere un po' d'ombra e per sentire in sottofondo il rilassante gorgoglio della piscina alle nostre spalle. Il risultato è stato che un giorno, dopo un'oretta circa, ho cominciato a non sentire più le gambe a capire che ero pronto a vomitare. Ho chiesto una sosta per andare in bagno, dove mi sono bagnato la faccia; guardandomi allo specchio mi son detto che una volta uscito avrei comunicato l'abbandono al mio avversario (anche se stavo vincendo nettamente). Pochi secondi dopo il tizio – che fino a cinque minuti prima era impeccabile e non sudava neppure – mi stringe la mano e mi dice "non ce la faccio più, ho voglia di vomitare". Vittoria per ritiro.
In un altro torneo, in un paesino qua vicino, ho esordito nel gironcino all'italiana – cosa normale ai primi turni – in un campo in mateco, all'aperto. Il giorno dopo diluviava e ci hanno spostato all'interno. Il campo? In erba. Il terzo giorno era ritornato il sole ma per misteriose questioni di orari accavallati non c'era più posto.
Ci hanno spediti su un campo in greenset; peccato che fosse in un altro club a quasi 10 km dal luogo previsto originariamente. Preferisco non aggiungere dettagli sulle sedie degli arbitri piene di ragnatele. Ora, sono giusto degli esempi, a prescindere dagli indiscutibili vantaggi pecuniari rispetto al loco natìo. Tuttavia, è stato proprio durante l'estate appena trascorsa che mi è capitato qualcosa di significativo a riguardo. In seguito a ripetuti esborsi di dollari nei più prestigiosi club sassaresi, abbiamo deciso di spendere meno e di testare i cari vecchi campi del Chilometro. Non sapendo come funzionavano le cose – io ci avevo già giocato, però parecchi anni addietro – abbiamo chiesto se bisognasse pagare prima o dopo la partita. Il gentleman che gestisce la baracca (cioè che gestisce soprattutto il bar), senza neppure dire ciao, ci domanda: "lo sapete chi è che vuol essere pagato in anticipo?". Sguardi attoniti, silenzio di tomba. "Le bagasse" è la risposta. È stato in quel preciso istante che ho capito perché a Sassari i campi da tennis costano quel qualcosina in più.

Don't Let Me Be Misunderstood

Inconsueto come post, ma non ho resistito. Corso d'italiano, i miei studenti hanno fra i 18 ed i 21 anni. Sono solo tre. Come d'abitudine, termino le due ore di lezione – che vanno dalle 13h30 alle 15h30, quindi sbadigli assicurati – con qualche gioco, preferibilmente semplice, dato il livello vergognoso dei partecipanti. Stavolta il gioco in questione è una serie di anagrammi relativi alle città italiane. "Ragazzi, ogni parola nasconde il nome di una città italiana, d'accordo?" (le istruzioni le ho fornite in francese, per precauzione). Prima parola: AMOR. Molto difficile. "Ok ragazzi, amor è l'a-n-a-g-r-a-m-m-a di...?" 
Risposta (in coro): VENEZIA.
Vi lascio immaginare com'è andata con Perugia o Catania. 

mercoledì 10 ottobre 2012

Birdwatching

Ora, non è che soltanto perché la frequenza dei post su questo blog sta per avvicinarsi sinistramente a quella della cometa di Halley, devo per forza rendere epiche le prime righe e mettere le mani avanti giustificando le ragioni di tale silenzio. No, non lo devo mica fare. Per cui, bando alle ciance e parliamo invece delle recenti avventure del vostro inviato in Gallia.
La stagione autunno-inverno – da un punto di vista della Tana del Grillo – è cominciata in una maniera che oseremo definire "scoppiettante". Tante belle storie, ma anche tanto poco tempo per ritrovarsi a tu per tu con la tastiera. Per oggi dunque ci limiteremo ad un ambito che, normalmente, è in grado di regalarci un sacco di soddisfazioni: le lezioni di italiano, durante le quali il Vostro ricopre il ruolo di insegnante. Eccoci qua, allora, a riprendere i corsi ed a incontrare gli studenti. È come il primo giorno di scuola: ci si presenta, si parla, si ride, in pratica non si fa un cazzo per un'ora e mezza e soprattutto tu – insegnante – ti rendi conto che gli alunni hanno dimenticato praticamente tutto quel poco che sapevano. Argomenti a scelta, fra i quali non possono mancare le vacanze estive. Qui c'è gente che – beata lei – va spesso in vacanza. E non necessariamente dietro l'angolo. Una signora, un'autentica veterana, racconta a tutti del suo recente viaggio in (!) Cina e Mongolia. Si è fatta in pratica quella che comunemente si chiama la Transmongolica – niente Vladivostok (peraltro uno dei sogni bagnati di chi vi scrive), bensì rotta verso Pechino. E fin qui, nulla di strano. Poi, a resoconto (zoppicante) terminato, un lampo negli occhi della Signora.
Signora: Posso raccontare qualcosa di strano che mi è successo? 
Insegnante: E come no. 
S.: In Cina ho visto una mostra di... come si dice in italiano... di uccello
I.: Ah, di uccelli. Ok. 
S.: Sì, era una mostra di uccello
I.: Bene, una mostra di uccelli. 
S.: Sì, l'uccello era in una scatola, poi prendevano in mano l'uccello... 
Altri studenti in coro: L'uccello? 
S.: Sì, toglievano fuori l'uccello.
I.(con goccia di sudore lungo la tempia, doppio inarcamento di sopracciglia e sorriso represso con notevoli difficoltà): D'accordo...
S.: Ai cinesi piace molto l'uccello. 
I.: Eh sì, i cinesi in effetti... 
S.: Fanno cantare l'uccello. 
Altre discussioni, poi pausa. Il Vostro si sente in dovere di precisare alcune sfumature di significato tipiche del linguaggio colloquiale, cosa che fa spesso. Gli studenti – in realtà sono quasi tutte signore – ridono. Una studentessa dice: Ah qui in Francia invece si dice "il piccolo uccello" (petit oiseau, se preferite "l'uccellino"). L'insegnante senza pensarci, risponde: Eh, ma lo sapete come siamo noi italiani! Un nanosecondo dopo, mi rendo conto di quello che ho appena detto. Temo il peggio. Fortunatamente qualcuno in fondo, fuori dal mio campo visivo, interviene dicendo che gli italiani hanno la cultura del macho. Tiro un sospiro di sollievo. Esatto, dico. Passiamo ad un altro studente, ad altri racconti di vacanze in culo ai lupi. Passano non più di dieci minuti. Altra signora, altro giro. S.: Sono stata in Svizzera. 
I.: Ah bello. 
S.: Sì, ho partecipato a una gara di canto dell'uccello.

(NELLE PROSSIME PUNTATE - non si sa quando: il Vostro che fa l'interprete in Dordogna, un delirio; riparte la stagione tennistica, ma non è come al Chilometro; Sassari Vecchia è emigrata in un villaggio del Limousin) 

sabato 28 maggio 2011

Bene! Bravo! Bis!

Serata di gala nella giornata di ieri per il vostro umile ed affezionatissimo corrispondente della Tana. Si è trattato infatti di presenziare in veste di vero e proprio vip ad una festa di fine anno: si', insomma (molto insomma) una specie di serata da film sui collegiali americani, avete presente no? Soltanto che l'età media della serata si aggirava intorno ai 104 anni. La festa si proponeva come scopo quello di dire addio alla stagione calcistica 2010-2011 da parte di una associazione culturale italiana che preferisce rimanere anonima. In qualità di simpatico collaboratore di tale associazione, il Vostro si reca dunque nella Sala-delle-Feste (oh yes) di una frazione alle porte di Porcellana-City all'ora di cena, dopo aver litigato con il solito googlemaps figliodiputtana che aveva deciso di condurci da tutt'altra parte, precisamente in mezzo alle mucche. E comunque. Il Vostro era a conoscenza di dinamiche relative a buffet e cena in piedi, mentre voilà un salone enorme e tre tavoli lunghi quanto delle sequoie abbattute e distese sul pavimento in parallelo. In piedi non si puo' fare altro che riempirsi il piatto. Il clima, tutto sommato, è gioviale, ancorché surreale. C'è chi lavora alacremente di mandibola, chi ascolte le chiacchiere del vicino di sedia, chi invece si porta la mano attorno all' orecchio perché è sordo come una campana, chi si guarda attorno smarrito, chi pensa ma che cazzo. Tutti coloro che pensano ma che cazzo sono italiani e sono stati strategicamente posizionati in fondo ad una delle tre sequoie. Poco oltre ecco il palco, nascosto da un sipario rosso. Il tovagliolo tricolore con su scritte tipo "pasta", "amore" e "vino" mette subito in chiaro le cose. Durante il pasto, infatti, sono previste alcune esibizioni, con protagonisti di volta in volta alcuni aderenti all'associazione. La prima è quella di un duo fisarmonica-tromba, donna-uomo. Viene annunciato che i presenti saranno allietati da delle musiche tipiche del Piemonte. La fisarmonica attacca. Il signore accanto, in jeans e basetta color canna di fucile cerca a lungo il momento giusto per farsi vivo. Purtroppo si capisce abbastanza in fretta che la tromba non è in grado di svolgere appieno il suo dovere e il Louis Armstrong de noartri è lievemente arrugginito. Cio' che ne consegue è una roba imbarazzantissima: il poveruomo va nel panico più completo e cerca - senza successo - di inserirsi fra le note della fisarmonica. La sua tromba sbuffa pero' dei suoni terribilmente inquietanti, simili alle scoregge di un rinoceronte. Di fronte al tavolo coloro che pensano ma che cazzo non riescono a trattenere le risate, coprendosi con tovaglioli, maniche di camicia o bicchieri. Tutt'intorno nessuno fiata. Il sottoscritto si volta verso l'altro lato della sequoia e per non fare la fine di chi ha oltrepassato la soglia delle lacrime è costretto a versarsi dell'ottimo rosso pugliese nel bicchiere di carta. La sensazione, netta, è quella di un programma televisivo a metà fra la Corrida e uno strano reality i cui concorrenti sono scelti fra il pubblico con lo scopo di evitare di ridere. Passiamo in rassegna le varie facce e le reazioni ivi dipinte come se fossimo una telecamera. Facciamo anche gli stacchi e il montaggio. Fortunatamente lo stupro della tromba termina. C'è già chi saggiamente abbandona il tavolo, mentre la corale è pronta a prendere la scena. La corale si è riunita da poco ed ha un repertorio limitato a pochi pezzi (questo, questo e quest'altro). Colei che dirige il tutto si dimena dando le spalle ai presenti, ma ha di fronte una specie di pianola bontempi. Momenti di panico quando l'ultima canzone è introdotta da adeguato sottofondo musicale registrato che spacca i timpani a quelli che ce li hanno ancora (è presumibile credere che almeno un terzo dei presenti li abbia perduti durante il primo conflitto mondiale) e copre soprattutto le voci  in diretta. Il tènnico che si avvicina all'amplificatore plana sui cavi e rischia di regalarci l'ennesima perla della serata. Risatine sommesse e sguardi punitivi. Sul palco un microfono casca da solo, trafitto dalle voci di amianto della corale, e provoca un boato sordo. Gli italiani comunicano muti tramite sguardi attoniti. Viene perfino richiesto un bis: meno male che poi è l'ora del dessert. Manco il tempo di levarsi le briciole dagli angoli della bocca e via con lo spettacolo di clown (professionisti, va detto, quindi nulla a che vedere col resto) inframmezzato da una coppia che si esibisce in canzone sul matrimonio, ricca di giochi di parole e doppi sensi. La coppia è vestita come si deve. Lui, che gestisce la serata da buon padrone di casa annunciando gli spettacoli, è un Al Bano più ironico, più magro, più elegante ed ha il baffo e la tuba. Ogni tanto si dimentica le parole o canta quando non deve ma tu che sei seduto e sorseggi il tuo asti cinzano ti chiedi come mai la serata non sia stata interamente monopolizzata da un tale idolo (NON stiamo scherzando), altro che corali e trombette. E rifletti e ti rendi conto che la gente intorno a te si sta davvero divertendo - a parte gli italiani che continuano a pensare ma che cazzo. Perfino tu, inviato della Tana, nonostante lo sguardo disincantato da entomologo sei giunto ad un punto di non ritorno. La prospettiva cambia. Sei sopraffatto dagli eventi. Il baffo, meritatamente, trionfa. Insomma, devi ammetterlo: ti stai addirittura divertendo (forse perché hai l'acquolina in bocca al pensiero di questo post). E te ne vai intorno alla mezzanotte, terminati i saluti di rito, mentre quasi tutti gli altri non hanno la minima intenzione di schiodarsi da tavola (non garantiamo sulla NON esecuzione di balli vari in tarda serata) e vanno a caccia delle ultime fragole rimaste.

giovedì 25 novembre 2010

Andare In Porto (Ma Non Torres)

Eccoci qua, amici ma soprattutto amiche de La Tana. Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a dirvi che siamo tornati - peggio: che non ce ne siamo mai andati - che vi pensiamo, insomma che il cliente ha sempre ragione, ebbene non abbiamo nemmeno fatto in tempo che ci assentiamo subito. Oh si. Sarà che era nell'aria da un po' (si tratta di una prima volta), sarà che oggi ne è scesa letteralmente l'aria (chiedete al mio cappotto della nevicata di un paio di ore fa), sarà che gli indigeni ricordano non troppo vagamente la celeberrima cadenza sussinca, sarà che sono pure cazzi nostri. Fatto sta che La Tana, da domani e per una breve manciata di giorni, si trasferisce sulle coste del fottuto Oceano Atlantico, precisamente qua. Tranquilli, vi penseremo. E al nostro ritorno - se mai avverrà - non perdetevi l'ennesimo grande reportage de La Tana del Grillo, tutto a base di stanze d'albergo puzzinose, negri, sbronze, furti subiti e baccalà. Imperdibile, come sempre. Adeus.

domenica 21 novembre 2010

Il Ritorno Della Tana

a cura della redazione de La Tana del Grillo

Credeteci, ci siamo immaginati la scena. Eravate tutti belli in fila, sbarbati, ben vestiti e col dito puntato. Tutti li' a dire che La Tana, ormai, era solo uno sbiadito ricordo. Dite la verità. Che quando il silenzio si protrae per cosi' tanto tempo vuol dire che non si ha più niente da dire. E che quando non si ha più niente da dire è meglio scomparire definitivamente. E' vero o no? E' come se lo vedessimo coi nostri occhi. Badate bene: non vi biasimiamo, soltanto che potete troncarvela in culo. Su una cosa avete ragione: La Tana ultimamente ha latitato. E' diventata itinerante. Ha deciso di cambiare pelle pero' si è ritrovata senza nemmeno la biancheria intima da indossare. E qui, ve lo assicuriamo, fa freddo, e non come ad Osilo. Eppure, nonostante la furia degli elementi si sia abbattuta contro il blog della Via Carmelo che piace ai giovani - ponendola in serio pericolo - noi siamo ancora in piedi. Pronti a lottare per garantire un futuro sia alle nuove generazioni di utenti che a quelle degli affezionati della prima ora. Per fornire a tutti, grandi e piccini, la loro dose di Tana. Resistere, resistere, resistere. Alla faccia di chi ci vuole male. Cazz. E versàte da bere, perdio.


giovedì 16 settembre 2010

Che Ve Lo Diciamo A Fare?

Carissimi amici (e amiche, beninteso) de La Tana, voi sì che avete le idee chiare. Ci riferiamo a voi che avete partecipato al succulento sondaggio che potete ammirare qua nei bassifondi. Siete stati precisi ed efficaci, ed avete fatto chiaramente capire in che modo il sassarese medio si rapporta al suo mezzo di locomozione preferito. "Millo mì". Eccola, l'esclamazione più gettonata per voi che vivete di tram, vino, pacioccio e zimino. Elementare, Watson. L'unica altra possibilità per chiamare l'autobus sarebbe un tentativo di sfregarsi le dita della mano destra e provare a dire al conducente "Teh, Mussi!". Tuttavia non ci pare che tale opzione sia stata prevista da coloro che ci hanno donato questa inestimabile perla dei nomi tipici. Occhio a non distrarvi alla guida. E occhio ai dettagli.

Qual é il nome del tram che preferisci?
  1. Millo mì 9 (50%)
  2. Fallu Baddà 0 (0%)
  3. Rosello 0 (0%)
  4. Rabanella 0 (0%)
  5. Asinara 0 (0%)
  6. Mì lu tram 6 (33%)
  7. Monello 0 (0%)
  8. Babarrottu 0 (0%)
  9. Grabiglia 3 (16%)
  10. Pigulosa 0 (0%)
  11. Platamona 0 (0%)
  12. Abbacurrente 0 (0%)

sabato 14 agosto 2010

Fallu Baddà!

Live from Via Carmelo a poche ore dalla Festha Manna. La Tana del Grillo - per la prima volta nella sua storia - è tutta quanta presente alla Faradda. Reduce da dosi eccessive di couscous e qualche mirto di troppo, il blog più chiacchierato del Nord Sardegna seguirà le vicende dei candelieri in esclusiva, per voi. Rendez-vous con mal di testa presso il quartier generale di Largo Cavallotti aka Angelinho's a partire dalle ore 18. A zent'anni!

giovedì 3 giugno 2010

Don't Try This At Home!

Per tutti coloro che hanno tempo da perdere, sprezzo del pericolo ed un senso dell'umorismo sviluppatissimo, tipo naso del cane da tartufi:
- opzione number one;
- opzione number three.
Per i malati di mente:
- opzione degenza prolungata (occhio al tennis).
Per tutti gli altri:
- opzione unica.

martedì 1 giugno 2010

Ora O Mai Più

Eccoci qua. Siete pronti? Non avete scelta. Dovete fare come il buon vecchio Bruno Pizzul che - in esclusiva per La Tana - non si è tirato indietro di fronte alle sue responsabilità. E voi? Che intenzioni avete? Guardate qua come si fa.

NBA - The Finals:
LA LAKERS (1) - BOSTON (4): 4-2

domenica 16 maggio 2010

A Ciascuno Il Suo

Ci siamo. Ne rimarranno solo due. Chi la spunterà? Bando alle ciance: vogliamo meno chiacchiere e più distintivo. Che è un po' quello che ha fatto - in esclusiva per noi - il grande Ivan Zazzaroni.

Eastern Conference - Finals:
ORLANDO (2) - BOSTON (4): 4-3

Western Conference - Finals:
LA LAKERS (1) - PHOENIX (3): 4-2

lunedì 3 maggio 2010

Sotto A Chi Tocca

Lo sappiamo che qualcuno ha già cominciato. Adesso cerchiamo di non spaccare il capello. Ne siamo consapevoli. Tuttavia - puntuali come la morte - ci siamo attrezzati e siamo corsi ai ripari. Sbizzarritevi. Imbizzaritevi. Come, ad esempio,ha già fatto il nostro amico Marino Bartoletti:

Eastern Conference - Semifinals:
CLEVELAND (1) - BOSTON (4): 4-1
ORLANDO (2) - ATLANTA (3): 4-2

Western Conference - Semifinals:
LA LAKERS (1) - UTAH (5): 4-2
PHOENIX (3) - SAN ANTONIO (7): 2-4

giovedì 15 aprile 2010

Pronti, Partenza, Via

Ebbene sì. Nel weekend si aprono le danze, signori, e noi de La Tana non potevamo fare finta di niente. Come di consueto, siete attesi al varco. C'è tutto: si va dai pronostici (a proposito: guardate qua) ai premi individuali. E chi più ne ha più ne metta. Come ha già fatto - in esclusiva per noi! - il Trap:

Eastern Conference - First Round:
CLEVELAND (1) - CHICAGO (8): 4-0
ORLANDO (2) - CHARLOTTE (7): 4-0
ATLANTA (3) - MILWAUKEE (6): 4-2
BOSTON (4) - MIAMI(5): 4-2

Western Conference - First Round:
LA LAKERS (1) - OKLAHOMA CITY (8): 4-1
DALLAS (2) - SAN ANTONIO (7): 4-2
PHOENIX (3) - PORTLAND (6): 4-1
DENVER (4) - UTAH (5): 4-3

MVP: LeBron James
Defensive Player of The Year: Dwight Howard
Most Improved Player: Andrew Bogut
Rookie of The Year: Tyreke Evans
Sixth Man of The Year: Jamal Crawford
Coach of The Year: Scott Brooks

lunedì 11 gennaio 2010

Cat Power

Dedicato a chi possiede un gatto. Se volete saperne di più sul linguaggio felino, cliccate qua (a fondo pagina c'è anche il quiz sugli istinti omicidi del vostro gatto: il mio ha raggiunto l'83% di probabilità essere un killer). Grazie a chi di dovere per la felpata segnalazione.

giovedì 12 novembre 2009

Ve La Do Io L'America

Hey, gente. Siete (casualmente, s'intende) appassionati della pallaganestro NBA? No? Beh cambiate subito blog. Se invece siete davvero appassionati, questo è il posto che fa per voi - carissimi. Soprattutto per cominciare a vederci un po' più chiaro e fare - come è giusto che sia - i pronostici di inizio anno. Tutte le categorie, gente. Pronti. Via. Ecco i pronostici di metà novembre (ne seguiranno altri) di Mr.Aldo Biscardi:

NBA Champions: Boston Celtics (scaramanzia...)
MVP: Kobe Bryant
Coach of the Year: Alvin Gentry/Scott Skiles
Rookie of the Year: Brandon Jennings
Most Improved Player: Channing Frye/Trevor Ariza
Sixth Man of the Year: Jamal Crawford
Defensive Player of the Year: Dwight Howard